Le Apparenze Ingannano
Personaggi: Sansa Stark, Sandor Clegane, Arya Stark
Prompt: Fandom!AU [Harry Potter!AU]
Parole: 1200
Warning: possibile OOC?! Non Betata?!
Sansa Stark proveniva da una famiglia di purosangue molto antica nel mondo magico. I suoi antenati avevano ricoperto ruoli importanti negli eventi del mondo magico e lei stessa sognava di poter, un giorno, portare onore e lustro alla sua famiglia.
Non era una Duellante Magica provetta, era discretamente brava in Trasfigurazione e anche in Pozioni, ma sapeva di essere soprattutto intelligente e bella: avrebbe sicuramente trovato il suo posto in quel mondo accanto, magari, al futuro Ministro della Magia.
Erano sempre stati quelli i suoi sogni e obiettivi sin da bambina, ma suo malgrado si ritrovò a doverli riconsiderare quando nella sua vita entrò il guardiacaccia di Hogwarts.
Sandor Clegane era un uomo rude e rozzo, con un'orribile cicatrice sul viso e con un caratteraccio che spingeva tutti gli studenti ben lontani dalla sua abitazione al confine della Foresta Proibita. Sansa, ovviamente, avrebbe volentieri fatto a meno di avere a che fare con lui... ma Sansa aveva anche una sorella minore, Arya, che era tutto tranne che una studentessa modello e che aveva fatto dell'infrangere le regole la sua missione di vita.
Poteva ignorarla, fare finta che quella fosse una Stark di un'altra famiglia, ma era pur sempre sua sorella e quando sentì che era andata alla ricerca degli unicorni nella Foresta Proibita, Sansa pensò a mille e più cose.
Dalla meno grave come l'avvisare i professori e farla mettere in punizione a vita a quella più tragica: il ritrovarla morta a causa dei pericoli della foresta.
Fu proprio quel terribile pensiero a spingerla a correre fuori dal dormitorio di Grifondoro, con il suo pigiama addosso, per affrontare il coprifuoco e andare a bussare alla porta dell'unica persona che poteva salvare la sua sorellina: proprio Sandor Clegane.
In sette anni lo aveva evitato, lo aveva guardato da lontano senza osare avvicinarsi troppo a lui, ma in quel momento non poteva farne a meno. Sperava solamente che l'uomo fosse di buon umore e che non la ritenesse una seccatura come tutti gli altri studenti. In fondo, si disse speranzosa, Sansa pur avendolo ignorato era sempre stata gentile ed educata non poteva detestarla come tutti gli altri perché lei non era tutti gli altri.
Bussò con forza e insistenza, facendo un balzo indietro, quando l'uomo aprì la porta con un'espressione seccata che gli sfigurava il viso.
«Che vuoi?», gli abbaiò contro, irritato.
Sansa cacciò via l'istinto di fuggire, e ne sostenne lo sguardo coraggiosamente. Era pur sempre una Grifondoro, e la temerarietà era uno dei loro pregi - o difetti vista la stupidità di Arya.
«Mia sorella», si affrettò a dire, «i suoi compagni mi hanno detto che si è addentrata nella Foresta Proibita e-»
«E a me che cosa me ne frega?», ribatté l'uomo, duro, interrompendola nella sua spiegazione.
«Aiutami a cercarla!», esclamò lei, tagliando corto.
Sandor rimase in silenzio, inarcando le sopracciglia un po' per lo stupore.
«Perché dovrei aiutarti? Chiama uno dei tuoi professori, uccelletto», rispose, facendo per chiudere la porta, ma Sansa si oppose, aggrappandosi all'uscio con tutta la forza che aveva.
«No! Loro sarebbero troppo lenti e non la troverebbero! Potrebbe morire! E tu... tu conosci la Foresta Proibita meglio di chiunque altro!»
Sandor strattonò la porta, facendola quasi ricadere per terra.
«Sei una seccatura, uccelletto», sbottò, chiudendosi di nuovo dentro la capanna, lasciando la ragazza con gli occhi che le pizzicavano per l'irritazione e la preoccupazione.
Strinse i pugni, sentendosi tentata dall'afferrare la sua bacchetta e lanciare un Bombarda per buttare giù quella porta e tirare fuori con la forza il guardiacaccia, ma ancor prima di poter realmente mettere in modo quel piano folle, l'uomo apparve di nuovo sull'uscio con il mantello sulle spalle e un'altro che le porse con un gesto rude ma che Sansa registrò, in qualche modo, come gentile.
«Mettitelo, sei troppo leggera. Non voglio riportare indietro due ragazzine congelate», borbottò.
Sansa lo prese con non poco stupore e si affrettò a seguirlo quando lo vide allontanarsi verso l'ingresso della foresta. Indossò il mantello rapidamente, trovandolo caldo e piacevole, ma scacciò quei pensieri per quell'inaspettata gentilezza per potersi concentrare sul ritrovamento di Arya.
Camminarono insieme in silenzio, con Sandor che controllava ogni possibile traccia e le intimava con lo sguardo di non emettere rumori troppo alti - lo sapeva anche lei, c'erano esseri e creature che non andavano disturbate in quel luogo.
La ricerca, fortunatamente, non durò a lungo perché trovarono Arya dopo solo mezz'ora di marcia, addormentata ai piedi di un albero con il mantello scolastico usato come coperta.
Fu Sandor a sollevarla di peso ma con una cura e attenzione che non sfuggì agli occhi preoccupati e più tranquilli di Sansa.
Arya si svegliò quasi subito, ma forse per la stanchezza ed il sicuro raffreddore che si era presa, non parve volersi ribellare. Quello però non le impedì di rivolgere a Sansa un sorrisetto furbo e stanco.
«Allora ti importa di me», dichiarò prima di riaddormentarsi con un'espressione soddisfatta.
Ripeté mentalmente quelle parole più volte, comprendendo solo in quell'esatto momento il vero significato della fuga di Arya... e in parte era anche colpa sua e del continuo ignorarla come se non fosse sua sorella.
Arya era una ragazzina forte e coraggiosa, indipendente, ma era pur sempre la sua sorellina e forse aveva cercato di attirare la sua attenzione in quel modo. Aveva sbagliato,quello era ovvio, ma almeno era finita.
Tornarono indietro fino ad Hogwarts e Sandor, in silenzio, condusse entrambe le ragazze fino all'infermeria dove l'infermiera si sarebbe occupata della Stark più piccola, intimando alla maggiore di tornare nel suo dormitorio perché, come aveva già supposto Sansa, Arya doveva essersi presa il raffreddore a causa di quel freddo.
Una volta chiusa la porta alle sue spalle, rimase sorpresa nel vedere Sandor allontanarsi senza dirle niente e togliendosi il mantello lo inseguì per poterglierlo rendere.
«T-ti ringrazio!», esclamò, fermandolo.
«Avresti buttato giù la casa se non ti avessi aiutata», sbottò l'uomo, e Sansa non poté non concedersi una piccola risata.
«Sì, lo avrei fatto», ammise, «ma non eri davvero tenuto a farlo... sei stato gentile».
Sandor distolse lo sguardo, piegando il capo come per nascondere la cicatrice. Sansa, che non gli era mai stata così vicina come in quei momenti, dovette riconsiderare ciò che aveva pensato fino a quell'istante.
Quella cicatrice non era poi così orribile, e Sandor non poteva neanche venire definito solo come rude e crudele. Si era dimostrato gentile e di buon cuore, e quel mantello dal buon odore ne era la prova.
Le apparenze ingannavano e Sansa si sentì quasi una stupida per aver sempre e solo guardato con i suoi occhi, incapace di andare oltre ciò che le persone erano solite mostrare - sia per bisogno che per, probabilmente, difesa.
«Ora va a letto, uccelletto», le ordinò l'uomo, riprendendosi il mantello, «e di a tua sorella di non cacciarsi più nei guai».
«Sarà fatto... sempre se uscirà dalla punizione che le verrà inflitta», ribatté con leggerezza.
Quell'avventura le aveva davvero insegnato tante cose, sia su sua sorella che sul guardiacaccia di Hogwarts, ma soprattutto le aveva fatto aprire gli occhi e riconsiderare tutte le sue certezze per quel futuro che sin da bambina l'aveva portata a desiderare di poter basare tutta la sua esistenza solo sulle apparenze.