Like a Burning Flower [#1]
Apr. 5th, 2023 10:25 am- Shigemi Hibana è un OC
- Risanamento per come la vita di Shigemi finisce per via dell'attacco di un demone e "guarisce" trovando nei Rengoku una nuova famiglia
Parole: 3210
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Il cielo si era tinto di una piacevole tonalità di viola, e la musica, insieme al chiacchiericcio della festa, era ben udibile anche dalla periferia della città. Si respirava un'aria leggera e di gioia, la sensazione che nulla sarebbe mai potuto andar male, non durante una festività almeno.
Gli Hibana erano una delle famiglie più note per la produzione dei fuochi d'artificio di quel Distretto e, come ogni anno, presenziavano a quella festa con i loro lavori che allietavano tutti gli spettatori, dai più grandi ai più piccoli. E sicuramente, lo spettatore più esigente e curioso era la piccola Shigemi Hibana.
Sin da quando aveva imparato a parlare, la bambina aveva mostrato uno spiccato interesse per il lavoro dei suoi genitori. Lo aveva sempre trovato affascinante e stupendo, e infatti, benché avesse solo sei anni, aveva già iniziato a mettere mano nella creazione di piccole e innocue stelle luminose - anche se suo padre, sicuramente più permissivo della madre, aveva già iniziato a insegnarle le basi per la costruzione dei fuochi d'artificio un po' più complessi.
Shigemi sempre con trepidazione quel tipo di feste e, come ogni volta, correva a cercare il posto migliore per poter osservare non solo il lavoro meticoloso dei suoi genitori, ma anche il risultato che presto avrebbe iniziato a colorare il cielo.
Infatti, senza alcuna cura per il suo nuovo kimono rosa con la fantasia shippou rossa, aveva iniziato ad arrampicarsi su un albero con i rami che pendevano su un tempietto ormai abbandonato.
«Gemi-chan, fai attenzione,» la chiamó sua madre, senza però preoccuparsi di andare a recuperarla - forse perché sapeva che sarebbe stato difficile se non impossibile convincere sua figlia a scendere dalla sua postazione d'onore.
«Non preoccuparti~» cantilenó Shigemi camminando in equilibrio sul tetto del tempietto. «Io non cado mai!»
«Sì, ma stai attenta,» ripeté la donna è Shigemi, ridacchiando, si sedette sul tetto guardando già il cielo con non poca aspettativa.
Lentamente il viola stava lasciando lo spazio ad un colore più scuro e le prime stelle avevano già iniziato a fare capolino in quel cielo rischiarato solo dalla luna.
Mancava ancora un bel po' all'inizio dello spettacolo ma era già impaziente. Inoltre, cosa non meno importante, quando i suoi genitori avrebbero finito di lavorare sarebbero scesi anche loro alla festa e lei non vedeva l'ora di raggiungere tutte quelle altre persone, di comprare delle caramelle e altre delizie.
Ridacchió tra sé e sé, e si voltó per osservare suo padre e sua madre che parlando piano tra loro sistemavano in modo ordinato tutte le loro opere. C'era un ordine ben preciso, le aveva spiegato suo padre, e bisognava essere attenti perché anche se stupendi i fuochi d'artificio erano pericolosi.
Shigemi adorava sentirlo parlare del suo lavoro e amava ancora di più mettersi con lui nel laboratorio della loro dimora a guardarlo mentre armeggiava con acciarini, polvere da sparo e tanto altro.
Aprì bocca, per chiedere quando avrebbero finito e riempirli di altre domande sul funzionamento di ogni singolo artificio, ma tuttavia si ritrovò ben presto a richiuderla, sorpresa quando sentí il tempietto tremare sotto di sé e la porta, chiusa, aprirsi lentamente.
Si trovavano in quella zona perché, come le aveva spiegato sua madre, era disabitata e potevano tranquillamente utilizzarla per far partire lo spettacolo… ma quell'improvviso movimento lasciò tutti spiazzati. Shigemi stessa, dopo un primo momento di stupore, si sporse per vedere cosa stava succedendo ma… non vide niente.
La porta era aperta e la luce della luna illuminava sinistra delle macchie scure sul pavimento in legno del tempietto, ma non fu quello ad attirare il suo sguardo, perché quando alle sue orecchie giunse l'urlo di sua madre si ritrovò ad alzare di scatto la testa.
Non riusciva a capire cosa stava succedendo ma c'era una terza persona con i suoi genitori, e suo padre era per terra, coricato. Si era sentito male?
Shigemi balzó in piedi, allarmata. Sua madre era lì accanto alla terza persona sconosciuta. Questa la stava tenendo sollevata per la gola e sua madre di divincolava, ma non urlava più.
Continuava a non capire ma aveva paura. Non sapeva chi fosse quella persona, ma sapeva che suo padre non si stava muovendo e che forse stava male, e che quello sconosciuto stava ferendo sua madre.
Senza pensarci due volte, Shigemi su tolse uno dei suoi zori e con tutta la forza che aveva in corpo lo lanciò contro lo sconosciuto, colpendolo su una spalla.
«Lasciala subito!!» gridò, attirando su di sé l'attenzione dello sconosciuto che, nel voltarsi verso di lei, mostrò due grandi occhi gialli e luminosi.
Shigemi barcolló per la paura, e sobbalzó quando sua madre con uno scattò infilò una delle stelle luminose che aveva sempre con sé nell'occhio di quell'essere. L'essere gridò per il dolore e il sangue iniziò a sgorgare dalla ferita, e anche se la vista fece venire la nausea alla bambina, le bastò sentire la voce debole ma perentoria di sua madre per distogliere lo sguardo.
«Scappa Shigemi! Va via!» le ordinó tossendo e per quanto Shigemi avrebbe voluto rifiutarsi, non lasciarla, sentí di doverlo fare. Non per paura - anche se era terrorizzata - ma perché doveva trovare aiuto. Doveva fare in fretta perché lì qualcosa non stava andando per il verso giusto ed era spaventoso.
Si lanciò di nuovo verso i rami per scendere dal tempietto e scivolò malamente sul tronco, ma strinse ugualmente i denti nonostante i graffi che si era procurata sulle mani.
Cercò per puro istinto sua madre e per poco non gridò quando vide l'essere avventarsi su di lei… senza più nessuna ferita in viso. Aveva visto il sangue però, lo aveva sentito gridare… ma non c'era tempo. Doveva cercare aiuto.
Era come quando suo padre le aveva spiegato che doveva subito cercare un dottore quando qualcuno si faceva male nel laboratorio. Senza se e senza ma.
Iniziò quindi a correre, inciampando e zoppicando a causa dello zori mancante e del terreno pieno di pietroline che, affilate, iniziarono a tagliargli la carne.
Stava correndo verso la città, ma la strada non le sembrava più neanche quella che aveva percorso qualche ora prima. Le sembrava sfocata e sconosciuta, sentiva gli occhi bruciare e il petto scoppiare.
Cadde una, due e tre volte, ma riuscì sempre ad alzarsi seppur con fatica. Aveva rovinato il suo kimono, si era tagliata le mani e le ginocchia, i piedi le pulsavano dolorosamente così come sentiva in bocca un sapore amaro di terra e ferro.
Alla quarta caduta, le sue gambe tremanti le impedirono di rialzarsi. La città era lontana e non sapeva che altro fare per aiutare i suoi genitori. Iniziò allora a urlare, sperando di essere sentita, ma la sua voce ad ogni urlo le sembrava sempre più flebile da quanto le stava mancando il fiato.
Le venne infatti da sorrise e il respiro le si mozzò in gola quando sentì una voce alle sue spalle.
«Ecco dov'eri finita, mocciosa.»
Shigemi non osó voltarsi. Le orecchie le stavano fischiando e il cuore in gola le stava impedendo di continuare a respirare.
«Ichi no kata. Shiranui!» una nuova voce si aggiunse e un lampo rosso, accecante e caldo, sfrecció accanto a Shigemi facendole emettere un verso sorpreso. Solo in quel momento riuscì a voltarsi e a scorgere un haori bianco e rosso, ma… non sapeva chi fosse quella nuova persona. Qualcosa le diceva che la conosceva, ma non riusciva a ricordare, non riusciva neanche più a parlare perché da lì a qualche momento iniziò a sentire gli occhi pesanti e in un attimo solo tutto il mondo divenne nero.
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Nel riprendere i sensi, Shigemi notó subito che era mattina e che si trovava in un luogo a lei sconosciuto.
Emise un vago lamento nel muoversi e, accanto a lei, qualcuno si mosse rapido gridando e chiamando a gran voce qualcun'altro. Non ci prestò molta attenzione perché tutta la sua concentrazione si era riversata sul tentare di mettersi seduta.
Si issó sui gomiti e, con un po' di fatica, riuscì nel suo intento. Le girava la testa e sentiva la bocca secca, tutto il suo corpo era dolorante e intorpidito.
Era confusa, ma nella sua testa era ancora ben chiaro ciò che aveva visto e in quell'istante desiderava solo sapere come stavano i suoi genitori. Si guardò attorno, tentando di scorgere qualcosa di familiare di quel luogo, ma neanche qualche secondo dopo dalla porta scorrevole della stanza - rimasta socchiusa fino a quel momento - apparve una donna con un elegante kimono viola scuro, seguita da un bambino più o meno dell'età di Shigemi.
Shigemi si irrigidì in un istante ma le sue spalle si rilassarono subito nel riconoscere la donna.
«Ruka-san!» esclamò cercando di scattare in piedi, felice alla vista di una persona conosciuta. Non riuscì nell'intento e fu la donna, elegante e silenziosa, a raggiungerla sul futon.
Shigemi conosceva sin da quando aveva memoria Ruka Rengoku. Era un'amica di sua madre e, sicuramente, sarebbe stata un grado di dirle come stavano i suoi genitori.
«Non agitarti,» le consiglió Ruka con voce calma. «Sai cosa è successo?»
Shigemi aprì bocca poi scosse la testa. Sapeva cosa era successo ma quel 'cosa' non era tanto chiaro. I suoi genitori erano stati attaccati da un essere strano ma il resto era troppo confuso.
«I… miei genitori…»
«Sono stati attaccati da un demone.»
Demone.
Quella parola non era nuova per Shigemi. L'aveva sentita altre volte e non era mai stata positiva.
«Ma stanno… bene?» chiese.
Ruka scosse il capo lentamente.
«Mi dispiace, Shigemi.»
Shigemi non riusciva a capire. Cosa era successo ai suoi genitori? Perché non poteva vederli? Stavano molto male?
Aprì bocca per rivolgerle quelle domande ma un singhiozzo e delle lacrime, spuntate da chissà dove, le impedirono di parlare. Sollevò le mani per asciugarsi le guance e notò solo in quel momento che i palmi erano fasciati con delle bende bianche.
«Ora pensa a riposare, ti faccio portare qualcosa da mangiare,» annunció Ruka con tono comprensivo. «Kyojuro, lasciala riposare e non disturbarla troppo,» riprese rivolgendosi al bambino che l'aveva seguita come un'ombra e che, nel sentirsi interpellato, si mise più dritto.
Shigemi però non li stava più ascoltando, si sentiva stanca e stravolta, e tutto quello che voleva era tornare a casa dai suoi genitori.
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