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[personal profile] kurecchi

Fandom: Fire Emblem Three Houses

Personaggi: Felix Hugo Fraldarius

Rating: SFW

Parole: 675

Prompt: Cucciolanza

Note:

  1. Sempre la next gen. Bla bla bla. Mi piace scrivere degli ipotetici figli delle mie otp XD


Tristan Glenn Fraldarius-Gautier era un ragazzino introverso, che nascondeva dietro quel suo essere così silenzioso un carattere complicato, non tanto diverso da quello di Felix.

Parlava raramente con gli estranei e sembrava detestare come non mai l'idea di dover apparire in pubblico, infatti per lui le varie feste comandate - che fossero di compleanno o religiose - erano fonte di grande stress.

Per quel motivo, non gli importava dove fosse, cercava sempre di fuggire da quegli eventi, trovando ogni volta motivi sempre più ingegnosi per darsela a gambe e trovare un posto pacifico dove trascorrere il resto della serata.

Cosa che, ovviamente, avrebbe fatto anche in quel preciso istante. Non gli importava che fosse il compleanno di sua sorella, lui aveva ben altro da fare - poi che cosa c'era di interessante nel vederla scartate dei regali e atteggiarsi come se fosse una principessa?

Di conseguenza, aveva atteso che tutti fossero impegnati a lodarla con dei zuccherosi "Quanto sei carina con quell'abito", per scivolare fuori dalla sala.

Era certo che nessuno lo avesse visto e, accennando un minuscolo sorriso, andò dapprima verso le cucine - nelle quali rubò latte e pane -, per poi dirigersi verso il suo vero obiettivo: le stalle. Non che fosse realmente interessato ai cavalli, ma era lì che avrebbe trovato cucce dei cani.

Due lune prima, Cassiopea, aveva dato alla luce la sua prima cucciolata e non vi era giorno durante il quale Tristan non amasse soffermarsi lì a portarle un po' di latte - e altre leccornie -, e a coccolare i suoi cinque cucciolini. Era il suo passatempo preferito, al punto che si era anche preso la briga di rinominarli tutti.

Caph, Segin, Ruchbah e Archird i maschietti e infine Shedir, l'unica femminuccia.

Si accucciò per terra, chiamando Cassiopea con un tono dolce che era solito rivolgere solo a lei o ai suoi cuccioli.

La cagnolina uscì dalla sua cuccia, scodinzolando felice. Gli balzò subito addosso, leccandogli il viso con gioia e trasporto, cosa che strappò al ragazzino una risata.

«Ehi! Dai! Così rischi di farmi cadere la bottiglia di latte!», si lamentò senza però troppa convinzione.

Cassiopea si mise seduta, la lingua di fuori e la coda che continuava a muoversi rapida a destra e sinistra.

Le accarezzò il musetto e versò nella ciotola il contenuto della bottiglia, aggiungendovi poi il pane che aveva preso, certo che la cagnolina avrebbe gradito quelle attenzioni. Infatti, Cassiopea non attese oltre e si fiondò a mangiare, permettendo a Tristan di poter finalmente coccolare i suoi cuccioli.

«Presto porterò qualcosa anche a voi. Ma è ancora presto, dovete essere svezzati», spiegò accarezzando il musetto di Caph e prendendo in braccio Shedir.

Ignorando totalmente l'abito elegante che era stato costretto a indossare, Tristan si sedette per terra, lasciando che i cuccioli lo usassero come cuscino o come 'terreno esplorabile'.

Si sentiva bene lontano dalla festa e da tutti quei rumori molesti e persone, delle quali non gli importava niente, che cercavano di parlare con lui. Trovava molto più gradevole la compagnia di quegli animali... ma sfortunatamente non aveva fatto i conti con suo padre, l'unico in grado di scoprire - quasi sempre - le sue fughe.

Infatti gli bastò sentire un basso «Tristan», per sussultare e voltarsi colpevole verso la familiare figura di Felix, suo padre, che con le braccia incrociate al petto lo fissava serio.

«P-padre...», pigolò, senza sapere esattamente come giustificarsi - anche perché, non era la prima volta che accadeva.

Felix scosse il capo.

«Vai a cambiarti, rischi di rovinare quegli abiti», commentò, accennando un piccolo sorriso.

«Ma...», Tristan lo guardò incredulo e sorpreso.

«Non credo riuscirò a farti cambiare idea riguardo le feste», spiegò scrollando le spalle ed aggiungendo un: «anche perché capisco quello che provi».

«Quindi... posso restare qui a giocare?», domandò speranzoso. L'uomo annuì commendando con un: «A patto che tu vada a cambiarti», prima di lasciarlo solo, certo che Tristan avrebbe ubbidito a quell'ordine.

Cosa che, ovviamente, il ragazzino non mancò di fare. Poteva fuggire dalle feste, ma non avrebbe mai disubbidito a suo padre.

 

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