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[personal profile] kurecchi
 

Fandom: Promare

Personaggi: Lio Fotia, Galo Thymos

Rating: SAFE

Parole: 2425

Prompt: Inserisci

Note:

  1. OMEGA!GALO È TUTTO. 

 

Era stato un odore dolce di cannella e incenso a spingere Lio a lasciare il suo ufficio per attraversare rapidamente i corridoi deserti della caserma. Era stato improvviso, ma abbastanza forte da risvegliare nell'ex Burnish un fuoco che per anni era rimasto semi-sopito a causa dei Promare.

"C'è un omega nelle vicinanze", pensó infatti, faticando a contenere l'eccitazione che quell'odore stava risvegliando nel suo corpo. Sapeva di non doversi lasciar trasportare in quel modo, ma le sue gambe si stavano muovendo da sole, attratte da quella forza invisibile che si scontró quasi con violenza contro un muro quando si ritrovò a mettere piede negli spogliatoi.

Galo era lì e quell'odore proveniva da lui. Il desiderio provato fino a quel momento sembrò sia venire meno che accendersi di un bisogno ben diverso, che Lio non riuscì a definire in alcun modo.

Si potesse il naso e la bocca con il braccio. Le sue pupille si erano dilatate al solo sentire senza più filtri il profumo emanato da Galo e ma qualcosa gli stava fortunatamente impedendo di lasciarsi guidare dai desideri del suo secondo genere.

«Credevo che tu... fossi un'alfa», mormorò a quel punto, attirando su di sé le attenzioni dell'altro ragazzo. Galo ansimò, appoggiandosi al muro con le braccia strette attorno alla pancia.

«Prendevo dei soppressori ma... ho smesso di prenderli dopo l'arresto e poi è successo tutto così in fretta che mi sono dimenticato», spiegò, il viso arrossato per l'imbarazzo, «avverti Ignis che... sto per entrare in calore. Mi rinchiuderò a casa».

Le labbra si piegarono in un sorriso forzato e tirato, che fece quasi storcere il naso a Lio.

«Hai intenzione di attraversare mezza Promepolis emettendo questo odore?», gli chiese piccato.

«Non posso restare qui, Lio. Sono... inutile in questo stato. E non voglio rischiare che le cose si rovinino con la squadra».

Poteva comprenderlo, ma Lio non poté fare a meno di trovare impossibile l'idea di lasciarlo andare da solo fino al suo appartamento. Galo era ingenuo e non si era mai reso conto degli sguardi che gli altri erano soliti lanciargli. Non importava che fossero Alfa, Beta o addirittura Omega, Galo era in grado di attrarre tutti come una calamita. Lui stesso si era lasciato catturare e trascinare dalla sua personalità.

«Non posso lasciarti andare da solo in ogni caso», rispose, stringendo le labbra nel tentativo di darsi un contegno. Non aveva mai lasciato che fosse il suo secondo genere a comandarlo, e non sarebbe stata quella la prima volta.

«Sono grande e grosso, Lio», rise Galo, «so cavarmela. E non è ancora iniziato... beh, il peggio».

«Insisto», ribatté, «sai benissimo che non accetterò un no come risposta. Hai detto anche tu che prendevi dei soppressori, quindi non sai esattamente quando arriverà il peggio. E se ti trovassi troppo lontano dal tuo appartamento? E non dirmi che ti sai difendere, questo lo so benissimo, ma non potresti fare niente contro un alfa».

«Anche tu sei un alfa», gli fece presente Galo.

Lio sentí le guance più calde, e fece appello a tutto il suo controllo prima di poter rispondere… come se fino a qualche minuto prima non avesse desiderato di prendere e di fare suo il possessore di quell'odore.

«Io mi so controllare e sei...»

«Sono?», lo incalzó Galo costringendo Lio a distogliere lo sguardo, imbarazzato.

«Sei mio amico, okay?»

Il sorriso di Galo si fece più grande e anche dolce, come se quell'unica frase fosse per lui la cosa più importante.

«Siamo migliori amici», lo corresse per poi farsi un poco più serio, «mi fido di te Lio, e so che non faresti niente contro la mia volontà… quindi… accetto il tuo aiuto».

«Non ti farò niente… questo mi pare ovvio», borbottó Lio nervoso, «ora mettiti la giacca addosso. Tirati su il colletto più che puoi. Dovrebbe bloccare un po' l'odore», ordinò, andando verso l'uscita degli spogliatoi. Li lasciò rapidamente, trovando in quella lontananza dei nuovi sentimenti contrastanti.

Da una parte sentiva il sollievo per non essere più così vicino all'oggetto dei suoi desideri, ma dall'altra avvertiva il bisogno di rimanere accanto a Galo. Per sempre.

Mordendosi le labbra, corse verso la sala comune, nella quale trovò Aina intenta a leggere un fumetto. La chiamò, attirando lo sguardo su di sé.

«Sto portando Galo a casa», esordì, anticipando la domanda che sarebbe giunta poco dopo con un: «Sta entrando in calore».

La ragazza, che era una beta, scattò in piedi.

«Come? Ma non stava prendendo i soppressori?!», chiese tanto nervosa quanto sorpresa.

"Tutti lo sapevano tranne me…", pensó distrattamente Lio, allontanando quel pensiero per riprendere a parlare.

«Quell'idiota si è dimenticato di riprenderli», spiegò.

«Sei sicuro di poterlo portare a casa?», chiese Aina, mostrandosi preoccupata. Lio annuì serio.

«Non mi lascio trasportare dagli istinti e non posso di certo permettere che qualcuno allunghi le mani su di lui», ribatté con un pizzico di nervosismo nella voce.

«Vi accompagno?»

«Non voglio lasciare la caserma sguarnita», rispose scuotendo il capo. Il resto della squadra era fuori per un intervento di basso profilo, non potevano lasciare il lavoro in quel modo, «mi assicurerò che vada tutto bene. Tu... avvisa Ignis, okay?»

La preoccupazione era sempre più chiara negli occhi di Aina, ma questa annuì ugualmente. Erano entrambi consapevoli di non poter lasciare Galo da solo e anche se Aina sarebbe stata la scelta migliore per accompagnarlo, era anche vero che essendo una beta non poteva fare granché contro un alfa eccitato dall'odore di un omega un calore.

Si scambiarono un altro breve sguardo per poi separarsi. Lio tornò negli spogliatoi, dove trovò Galo con addosso sua la giacca della Burning Rescue, ma con un'espressione nervosa e le braccia strette attorno al suo stesso corpo, come se stesse cercando di trattenere qualcosa dentro di sé.

«Stai bene?», domandò incerto, trattenendo il respiro. L'odore di Galo era sempre più forte ed era difficile contrastarlo e non pensare a quanto sarebbe stato eccitante averlo tutto attorno al suo corpo.

«Sì... solo che ci sono delle ondate più forti», rispose l'altro ragazzo.

«Ho avvisato Aina... possiamo andare», lo informò, cercando di tagliare corto e di non far pesare troppo la situazione a Galo. Doveva essere complicato per lui e di certo Lio non voleva metterlo ulteriormente a disagio.

Lasciarono entrambi gli spogliatoi, andando nella rimessa dei mezzi dove la moto di Galo stava solitaria in mezzo alle altre vetture. Quello, notò Lio, sarebbe stato un problema.

Ciononostante gli venne spontaneo bloccare Galo quando questo cercò di salirvi sopra per prendere il posto di guida.

«Non credo proprio. Guido io», si impose, «Se ti venisse un'ondata di calore mentre sei alla guida?»

«Non succederà!», esclamò Galo, con un broncio che Lio sentì di poter definire adorabile. Ma forse, cercò di convincersi, quella doveva essere solamente una causa dell'odore che si stava facendo sempre più forte.

«Non importa», ribatté, riprendendo a parlare poi con tono più fermo quando Galo tentò ancora di riaprire bocca: «Galo. Guido io»

Non voleva usare la sua 'voce da alfa' ma gli era venuto spontaneo, forse proprio per via del suo secondo genere che si stava rendendo sempre più conto di quello dell'altro ragazzo.

«... d'accordo», mormorò Galo a labbra strette.

«Mi… mi dispiace», riprese subito Lio, «non volevo».

«Lo so ma... odio quella voce», spiegò. In un attimo tutta la luce sembrava essere sparita dai suoi occhi e Lio si chiese se l'altro avesse mai avuto delle esperienze negative con gli altri alfa.

La risposta, forse più per istinto che per altro, gli arrivò subito sotto forma di un nome: Kray.

Quell'uomo era chiaramente un alfa e Lio poteva solo immaginare in quali modi si fosse imposto con la sua voce su Galo. Forse in passato Galo aveva considerato quelle azioni come un gesto d'affetto, ma alla luce di quello che era accaduto qualche settimana prima, probabilmente aveva aperto gli occhi anche su quelle cose.

«Dai. Se guido io arriveremo prima. lo sai bene», riprese, cercando di dare alla sua voce un tono più allegro per distrarre Galo

Questo gli rivolse un sorriso piccolo ma grato.

«Va bene, ma cerca di non farci schiantare da qualche parte», lo stuzzicó concedendogli le chiavi.

«Sono un pilota migliore di te».

«Ah! Certo. Con una moto burnish. ma questa è una moto vera».

Alzò gli occhi al cielo e si sedette in sella, sbattendo poi la mano sullo spazio alle sue spalle.

«Sali sí o no?»

«Salgo salgo».

Il calore del corpo di Galo e il suo profumo lo avvolsero subito, costringendolo a stringere con forza le mani sui manubri. Doveva mantenere il controllo.

Non importava quanto Galo fosse attraente e irresistibile con quell'odore. Doveva resistere.

Galo era il suo migliore amico, era diventato importante tanto quanto Gueira e Meis se non di più. E non voleva rovinare il loro rapporto pensando come un alfa e non come una persona dotata di cervello.

Accese la moto e con quei pensieri fissi in testa, partì alla volta dell'appartamento dell'altro.

Quelli furono onestamente i cinque minuti più lunghi di tutta la sua esistenza.

Le braccia di Galo attorno alla sua vita, l'ampio petto contro la sua schiena. L'odore. Tutto. Era una tortura e il suo corpo, per quanto volesse negarlo e trattenerlo, aveva iniziato a reagire.

La sua erezione pulsava dolorosa costretta nei pantaloni e difficilmente sarebbe riuscito a nasconderla, sperava solo nell'ingenuità di Galo e nel bisogno di restare chiuso all'interno dell'appartamento.

Parcheggiò la moto all'esterno del palazzo e una volta all'interno dello stabile impose a Galo di prendere l'ascensore mentre lui, balzando rapido sulle scale, si soffermò ad ogni piano fino al quinto per evitare che qualcuno scegliesse di prenderlo nello stesso momento del suo compagno.

Una volta al piano dell'appartamento di Galo, Lio si sentiva ormai al limite. Ansimava sia per la corsa sulle scale che per l'odore sempre più forte di Galo, ma la sua testardaggine gli impediva di arrendersi. Non era solo il suo essere cocciuto, ma anche l'affetto reale che sapeva di provare per Galo… non voleva rovinare tutto.

L'apertura delle porte metalliche dell'ascensore mostró a Lio un'espressione dolorante nel viso di Galo. Si era accasciato contro la parete ed aveva aperto la giacca della Burning Rescue per via del calore sempre più forte.

«L-lio», gemette piano, «fa male…».

Lio dovette mordersi quasi con forza le labbra per non reagire a quella vista tanto invitante e sensuale. Galo non lo avrebbe potuto respingere a quel punto, si sarebbe lasciato fare di tutto… e quella realizzazione era terribile.

Se fosse arrivato un alfa qualsiasi, Galo sarebbe stato vulnerabile… Lio stesso era un pericolo per l'altro ragazzo.

«A-andiamo», balbettó nervoso, aggrappandosi al dolore delle sue labbra torturare dai denti.

Galo faticava a restare in piedi e Lio fu costretto a sorreggerlo sul pianerottolo mentre lo faceva entrare nell'appartamento.

"Devo resistere. Devo resistere", si ripeté senza fine Lio, passo dopo passo, cercando di ignorare i desideri e tutti quei pensieri osceni che lo avrebbero reso pericoloso per Galo.

Lo voleva, ma non in quel modo. Voleva che Galo fosse nel pieno delle sue facoltà mentali e non animato da quel calore così fuori luogo.

Ma era difficile trattenersi, perché il suo compagno sembrava soffrire per davvero e Lio sentiva il bisogno di confortarlo.

Lo portò fino alla camera da letto, lasciandolo cadere sul letto quasi di peso.

«T-ti preparo… dell'acqua perché devi… r-restare idratato», spiegò, tentando sin da subito di mettere un po' di distanza tra sé e il corpo dell'altro.

Galo gemette dolorante, chiudendosi in posizione fetale.

«Male...», si lamentò a denti stretti, ansimando rumorosamente.

Lio si diede rapidamente alla fuga, fondandosi in cucina per prendere sia l'acqua che per infilare la testa sotto il getto ghiacciato del lavandino, sperando che quella sorta di shock termico lo aiutasse a controllarsi.

Poteva farcela, anzi: doveva farcela. Avrebbe portato l'acqua a Galo e lo avrebbe lasciato lì. Doveva essere una cosa semplice che non avrebbe messo a repentaglio la loro amicizia e quel rapporto che per Lio era più importante di ogni altra cosa.

Tremante, ma con quel bisogno ben stampato in mente, tornó sui suoi passi pronto ad affrontare ancora quell'odore tanto dolce e ammaliante.

La scena che lo accolse mise a dura prova il suo autocontrollo, Galo infatti aveva lanciato verso la porta la sua giacca e si era aperto i pantaloni per dare sollievo alla sua erezione, ma più di tutto… stava continuando a gemere il nome di Lio, come se solo quello fosse in grado di donargli un po' di conforto.

Lio fu costretto a trattenere il respiro, ma fece ugualmente qualche passo all'interno della camera.

«La-lascio qui l'acqua», mormorò, «io… devo andare».

«N-no».

La lamentela di Galo lo colpì come uno schiaffo.

«Non posso… non sei in te… io non sono in me», spiegò, incapace di dare alla sua voce un tono sicuro.

L'altro emise un altro gemito lamentoso per quel rifiuto.

«Ma ne ho bisogno», pigoló, «n-non di un alfa… ma di te».

Lio fece un passo indietro, cercando di mettere distanza tra lui e Galo.

«Non sei in te», gracchió.

«Con te vicino… fa meno male», spiegò, come se fosse la cosa più importante e che mise Lio in una posizione scomoda.

Era una dichiarazione o era un desiderio dettato dal calore?

Lio voleva per davvero che fosse una dichiarazione, che Galo lo desiderasse per davvero e non per quello che il secondo genere lo portava a volere in quei momenti.

Cosa doveva fare?

«Galo...», gemette a sua volta, disperato, «quando sarà tutto finito… ne riparleremo».

Era stato difficile pronunciare quelle parole e lo fu ancora di più togliersi la giacca per lanciarla sopra Galo, nella speranza che il suo odore potesse dargli per davvero quel conforto del quale aveva bisogno.

Corse letteralmente fuori dalla stanza, sbattendo la porta alle sue spalle ed appoggiandovisi poi contro per non farla più riaprire.

Sentiva il cuore battergli forte in petto, pronto a esplodere. Neanche quella sorta di barriera, creata dalla porta, riuscì a dargli una sorta di sollievo… perché alle sue spalle c'era ancora Galo. Lo stesso Galo che stava sicuramente utilizzando la sua giacca - il suo odore da alfa - per trovare un po' di conforto da quel dolore.

Si era cacciato in un vero e proprio guaio, e non sapeva come sarebbe riuscito a guardare di nuovo in faccia il suo compagno dopo quel momento.

Avrebbero per davvero affrontato quella discussione? O sarebbero stati entrambi troppo imbarazzati per riuscire a farlo?

Lio non lo sapeva e, in quell'istante, non era certo di volerlo sapere… non mentre i gemiti di Galo iniziavano a riempire l'aria già ardente di quell'appartamento.

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