Mar. 19th, 2020

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Fandom: Final Fantasy XV

Personaggi: Original Characters

Rating: SAFE

Parole: 1790

Prompt: The Warrior

Note:

  1. Questo è quello che succede quando, giocando a FFXV Comrades finisci per chiederti "Ma i miei oc... che passato hanno?!" e quindi ecco a voi una raccolta di racconti sui personaggi che ho creato su Comrades XD
  2. Il prompt "The Warrior" è inteso al plurale qui, per la situazione di guerra vissuta dagli Angoni *si abbraccia i suoi bambini*

Capitolo 1 - Battlefield [Melia & Leda]


We carry on through the storm

Tired soldiers in this war

Remember what we're fighting for

Meet me on the battlefield

Even on the darkest night

I will be your sword and shield, your camouflage

[Meet me on the battlefield - Svrcina]


L'odore della terra bruciata entrava nelle narici della giovane donna costringendola a proteggersi il viso con l'avambraccio. Sentiva gli occhi pizzicarle per il fumo e per i gas emessi dai rottami di MT e Blindati imperiali ai suoi piedi, ma ostinata continuava a muoversi tra di essi alla ricerca di qualcosa di utile per la squadra di ricerca informatica e tecnica di Insomnia.

Senza però apparenti risultati.

La battaglia si era conclusa da poco con la ritirata delle forze di Niflheim, ma l'atmosfera che si respirava nel campo all'esterno delle mura della capitale di Lucis non era quella di vittoria, ma più che altro di nervosismo. La guerra era lungi dall'essere terminata e l'esito non sembrava voler volgere in favore di Insomnia. L'Impero, infatti, sembrava quasi giocare con loro, alternando attacchi più violenti, mirati a minare le difese della città, ad altri che sembravano solo dei meri diversivi per spostare altrove l’attenzione dei guerrieri che giornalmente si battevano per la capitale.

Era frustrante oltre che sfiancante, ma nonostante il crescente malumore, tra gli Angoni sembrava esserci un tacito accordo: quello di non parlare del futuro di quella guerra. Perché molti di loro, se non tutti, avevano perso ogni cosa prima di giungere a Lucis come rifugiati, e volenti o nolenti Insomnia era diventata la loro nuova casa. Avevano promesso di proteggerla e la sola idea di uscire sconfitti da quel conflitto contro Niflheim creava in tanti una sensazione di vuoto e di umiliazione che non erano disposti a sopportare.

Melia Godric era una di loro. Aveva fatto della difesa di Lucis e della famiglia reale la sua principale ragione di vita perché a Galahd aveva lasciato un pezzo del suo cuore, sepolto tra le macerie della sua modesta dimora. La sua storia non era poi così diversa da tante altre all’interno degli Angoni, e come i suoi compagni si batteva per quella giustizia, mista alla vendetta, che trovava una piccolissima soddisfazione ogni qual volta che riusciva a decapitare un soldato MT o a far saltare in aria un Blindato.

Premette con più decisione l’avambraccio davanti al viso, strizzando gli occhi per scacciare le lacrime causate da quei fastidiosi fumi che la stavano circondando. Si fermò proprio dinanzi alla carcassa di uno dei robot corazzati che, con l’aiuto dei suoi compagni, era stata in grado di abbattere. Diede un calcio ad una delle gambe meccaniche del blindato, ignorando la leggera fitta di dolore che si propagò dal suo piede fino alla sua colonna vertebrale, e rivolse lo sguardo verso l’alto, cercando nella capsula del pilota la figura della sua migliore amica.

«Leda?», esclamò con voce un po’ soffocata dalla manica della sua divisa, «Trovato qualcosa?», aggiunse senza attendere risposta.

L’altra giovane donna, vestita in modo non dissimile dal suo, si sollevò dalla sua posizione accucciata e, scostando i corti capelli scuri dalla fronte con un gesto automatico della mano, si voltò verso di lei. Indossava degli occhiali dalla montatura nera, ed una delle lenti sembrava essere sporca - ma Melia era certa che la sua compagna non se ne fosse minimamente resa conto.

Si conoscevano da quella che ad entrambe sembrava essere una vita, che in numeri poteva essere tradotta come poco più di un decennio. Si erano incontrate a Galahd per la prima volta, interessi comuni le avevano fatte avvicinare e altri allontanare, ed infine era stata proprio quell’assurda guerra e la distruzione delle loro case a farle ritrovare in un legame che, a tratti, sfociava nel fraterno.

«No. Anche questo era pilotato da un MT. Nessun soldato umano da interrogare e la scatola nera di questo blindato è danneggiata», rispose Leda, scendendo con attenzione per raggiungere la sua amica. Aveva un tono vagamente seccato per la scarsità di risultati che avrebbero portato la loro squadra a tornare a Insomnia solo con delle ferite e tanta stanchezza.

Melia stessa sbuffò, incapace di nascondere la sua frustrazione per quella che alle sue orecchie giunse come una nuova sconfitta, l’ennesimo modo dell’Impero di Niflheim per sfiancare i loro animi e i corpi.

«Raggiungiamo gli altri», sospirò Leda, schermandosi a sua volta il viso con il braccio. Aveva le spalle basse in segno di resa e stanchezza e Melia, rispecchiandosi in lei, non poté far altro se non assentire.

Fianco a fianco, attraversarono il campo di battaglia unendosi in quel modo ad altri gruppetti di Angoni che, con passo lento e affranto, si stavano dirigendo come loro verso i mezzi di soccorso giunti fin lì per riportarli al sicuro all’interno delle mura di Insomnia. Non parlarono granché durante quel breve tragitto e lasciarono che fosse il linguaggio dei loro corpi a rendere palese il loro stato d’animo tutt’altro che lieto, da una parte Melia che prendeva a calci qualsiasi cosa si parasse dinanzi ai suoi piedi - dalle semplici pietre agli arti degli MT - e dall’altra Leda con una piccola ma chiara smorfia dipinta in viso. Aveva le sopracciglia leggermente aggrottate e le labbra strette in una fine linea rosea sul viso un po’ sporco dalla battaglia.

Leda, infatti, non era solita esprimere il suo disappunto in modo plateale come la sua amica, sembrava piuttosto una bomba ad orologeria: pronta ad esplodere allo scadere del tempo. Solo i più attenti riuscivano a scorgere un pizzico di quelle emozioni, ma per il resto era raro il poter vedere uno dei suoi scoppi d’ira, perché come più volte aveva confidato alla sua migliore amica: «Preferisco che gli altri non vedano la parte peggiore di me». Una parte che la stessa Melia non aveva ancora conosciuto del tutto.

Una volta giunte al punto di raccolta si scambiarono dei rapidi cenni di saluto con i loro compagni, e dopo aver dato la precedenza ai feriti - che per fortuna non si rivelarono essere tanti né eccessivamente gravi - presero posto sul retro di una delle vetture, concedendosi solo in quell’istante un piccolo sospiro di sollievo.

Anche in quel momento di apparente pace il loro umore era lungi dal poter essere definito migliorato ma, quantomeno, Melia riuscì come al suo solito a trovare una sorta di lato positivo anche in quella situazione tutt'altro che piacevole.

«Almeno siamo vive», dichiarò infatti, aggiungendo poi un: «ed hai gli occhiali sporchi», per consentire alla sua amica di pulire le lenti macchiate. Leda, che non si sentiva ancora pronta a lasciar scivolare via la frustrazione accumulata come se niente fosse, si concesse una breve scrollata di spalle e togliendosi gli occhiali si premuró di pulirli con attenzione.

«La situazione è grave», commentò cupa indossando di nuovo le sue lenti, rivolgendo uno sguardo stanco all’altra che si fece di nuovo seria.

«L’ennesimo attacco imperiale senza dispiego di soldati umani. Le loro forze non vengono intaccate, mentre le nostre…», lasciò in sospeso la frase, certa che Leda avesse ugualmente inteso i suoi pensieri.

«Noi veniamo dimezzati», concluse Luche, intromettendosi senza alcun preavviso nel discorso delle due. Era seduto non lontano da Melia e con quell’affermazione sembrò riscuotere non poche approvazioni negli Angoni li presenti. Erano delle considerazioni che tutti condividevano ma nessuno sembrava volerle realmente argomentare come era solito fare l’uomo, ed il motivo era semplice: non si voleva creare malcontento o intaccare l’umore già precario della squadra.

«Siamo già abbastanza depressi senza che tu apra bocca», borbottò Melia in risposta, con tono abbastanza alto affinché Leda potesse sentirla e concedersi un piccolo sorriso - non era un mistero la leggera antipatia di Melia per Luche.

L’uomo, con un’espressione dura e nervosa, si lanciò ben presto in una lamentela rumorosa ed articolata su quella battaglia e su quanto quella guerra stesse logorando non solo il loro animo ma anche i ranghi degli Angoni. Per fortuna fu Pelna a bloccare l'invettiva del loro compagno, evitando in quel modo la crescita di quella sensazione di rabbia che si mischiava all'impotenza alla fine di ogni battaglia.

«Come ha detto Melia: siamo vivi. Quindi direi di festeggiare andando a mangiare qualcosa insieme», propose Pelna con un sorriso gentile, tipico della sua personalità. Non amava i conflitti ed era quello che il più delle volte faceva da paciere tra le varie teste calde degli Angoni - un lavoro arduo vista la presenza di parecchie personalità forti e indipendenti. 

La proposta, per quando allettante, venne rifiutata da quasi tutti gli Angoni li presenti, comprese Melia e Leda. Anche se erano solite frequentare il piccolo gruppetto di Pelna, che si incontrava in uno dei pochi locali che offriva dei piatti di Galahd, in quel momento nessuna delle due aveva effettivamente voglia di passare una serata in compagnia. O meglio: in presenza di persone esterne a quel loro esclusivo circolo familiare. 

Infatti, una volta raggiunta Insomnia ed aver fatto rapporto con Drautos, furono le prime a lasciare la Cittadella alla volta degli appartamenti degli Angoni, situati alla periferia della città. Era una zona caratterizzata da profumi forti che portavano traccia di paesi e tradizioni diverse tra loro ma che erano accomunate dallo stesso destino di distruzione e abbandono. Vittime della guerra che in quella periferia avevano cercato di ricreare una sorta di casa.

Melia e Leda si trovavano bene in quel luogo proprio per quella mescolanza di personalità che sembrava creare un'unica voce di uguaglianza: per quanto Lucis fosse una terra straniera per loro e per altre migliaia di persone, era ciò che avevano in comune a renderli simili.

Certo, non sempre la convivenza era piacevole, ma era l'unico luogo che ormai potevano chiamare casa.

Lasciato alle loro spalle il mezzo pubblico, le due giovani donne attraversarono i vari vicoli che le separavano dal loro appartamento, soffermandosi solo in qualche piccolo negozietto ad acquistare qualche dolce e del pane per la cena.

Passo dopo passo, la tensione per la battaglia iniziò ad abbandonarle ed infatti anche il viso di Leda sembrò distendersi in un'espressione più rilassata… cosa che non sfuggì a Melia, che tentó subito di approfittarne. 

«È da tanto che non mangio pasta», commentó, «come quella che abbiamo provato al ristorante altissiano per il compleanno di Crowe».

«Mi stai chiedendo di cucinare?», domandò Leda, intuendo al volo la vera richiesta dell'amica.

«Lo so che oggi è il mio turno… ma tu sei più brava e cucini molto meglio di me. Io mi occuperò di lavare i piatti per tutto il fine settimana. Promesso», esclamò Melia accorata, aggiungendo poi un: «lo sai che sono disposta a tutto per la carbonara altissiana… proprio a tutto».

«Facciamo per una settimana. E ti occupi anche di stirare la roba della lavanderia, oltre che andare a ritirarla. E poi dovrai anche portare tu fuori l'immondizia», dichiarò in risposta Leda, strappando un'immediata esclamazione di gioia in Melia… ignara del fatto che la stessa Leda avesse lo stesso desiderio di carbonara altissiana e che avesse semplicemente preso la palla al balzo per scaricare sull'amica alcune faccende domestiche.


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Fandom: Final Fantasy XV

Personaggi: Original Characters

Rating: SAFE

Parole: 1235

Prompt: Oculum pro oculo dentem pro dente - 'Occhio per occhio, dente per dente'

Note:

  1. Questo è quello che succede quando, giocando a FFXV Comrades finisci per chiederti "Ma i miei oc... che passato hanno?!" e quindi ecco a voi una raccolta di racconti sui personaggi che ho creato su Comrades XD
  2. Il prompt "Oculum pro oculo dentem pro dente" viene inteso nella sua... concezione più infantile XD perché questa fic è tratta da una storia vera ahah

Capitolo 2 - Oculum pro oculo dentem pro dente [Rufus & Helios]

Era da una buona mezz'ora che la figlia dei vicini starnazzava come un'oca, in quella che per lei doveva essere la sua miglior interpretazione della colonna sonora di un recente film di animazione, e Rufus era ormai a corto di pazienza.

Adorava il suo quartiere. Era un luogo di pace e tranquillità nonostante la guerra, ma per carattere Rufus non era mai riuscito a stringere un vero e proprio legame con i suoi vicini, specie da quando quella ragazzina aveva deciso di mettere in bella mostra le sue doti canore, esibendosi sul balcone del suo appartamento ed ignorando non solo il quieto vivere del circondario - fatto di persone che desideravano riposare dopo qualche turno pesante a lavoro -, ma anche la sua totale incapacità di azzeccare una qualsiasi nota giusta. Come se non bastasse, i genitori della bambinetta sembravano essere sordi alle urla da arpia della figlia e non avevano mai aperto bocca per zittirla o spingerla ad abbassare la voce.

Non li sopportava, ma per il buon nome degli Angoni - e per la necessità di mantenere quel lavoro -, Rufus si costringeva quotidianamente ad ingoiare quel rospo e a trattenersi dal balzare sul sul di balcone e fulminare con una qualche magia quell'oca starnazzante.

Premette infatti le mani sulle orecchie, emettendo un lamento infastidito e nervoso. Quasi invidiava il suo coinquilino, Helios, per la sua assenza da casa durante quelle prime ore pomeridiane, impegnato come ogni giorno nell'addestramento di nuovi Angoni - un compito che il suo migliore amico non sopportava granché dato che era solito definire le reclute "degli scansafatiche senza spina dorsale".

Era infatti più che normale il vederlo rientrare nell'appartamento scuro in volto, pieno di lamentele su quanto i suoi allievi fossero inutili.

«Ma ti pare che debbano venirmi a dire "e questo a cosa mi serve?" quando propongo un allenamento utile per le proiezioni?!», era solito dire, e Rufus suo malgrado comprendeva quella frustrazione dato l'impegno che l'altro ragazzo era solito mettere in tutto quello che faceva. Era uno dei suoi pregi migliori che, sfortunatamente, sfociava anche in una condanna visto che Helios finiva sempre per dare il cento per cento in ogni cosa senza mai ricevere in cambio lo stesso impegno.

In ogni caso, si disse mentre la ragazzina gettava l'ennesimo acuto spaccatimpani, avrebbe fatto volentieri a cambio con Helios pur di non sentire quello strazio.

Emise un altro lamento. Gli sarebbe piaciuto avere il coraggio di andare a parlare con i vicini, ma Rufus era tutto fuorché temerario fuori dal campo di battaglia. Era un mago e si muoveva sempre nelle retrovie, non era adatto alle prime linee... ma era in momenti come quello che desiderava esserlo. Magari trovare un modo per ripagare quella mocciosetta - e i suoi genitori - con la stessa moneta. Il classico "occhio per occhio, dente per dente".

Sospirò rumorosamente, arrendendosi all'evidenza che non sarebbe mai riuscito a fare nulla di simile. I suoi pensieri tuttavia si interruppero quasi all'istante nel sentire il familiare rumore della chiave dell'appartamento girare nella serratura della porta. Scattò subito in piedi e corse fuori dalla sua camera, andando ad affacciarsi nel piccolo corridoio d'ingresso, nel quale apparve Helios.

«Già di ritorno?», lo accolse sorpreso.

Il suo migliore amico si esibì in una smorfia, e dopo aver lasciato sull'attaccapanni la sua giacca si diresse strisciando i piedi verso la cucina.

«Pare, e ripeto pare, che le mie reclute abbiano deciso di andare a mangiare ad un All You Can Eat Cygilliano a base di sushi per pranzo. E pare che abbiano mangiato così tanto da non essere minimamente in grado di eseguire neanche la più piccola proiezione senza vomitare anche l'anima», rispose con tono carico di sdegno e disgusto che si rifletté subito anche nel volto di Rufus. Doveva essere stato uno spettacolo terribile. 

«Ho dovuto lasciar perdere l'allenamento…», commentò aprendo il frigorifero per prendersi una bevanda fresca, «ma ti giuro che me la pagheranno. Vedrai. Pagheranno per ogni singola porzione di sushi che hanno riversato sul pavim-», il giovane uomo si bloccò quando le sue orecchie vennero violentate dalla nuova canzone che la figlia dei vicini aveva iniziato a cantare.

Rimase immobile, sorpreso e spiazzato, per poi rivolgersi a Rufus con un: «Che cazzo è?», senza mezzi termini, lasciando perdere la birra che aveva appena preso.

«La cornacchia dei vicini. Te ne ho già parlato, no?», rispose Rufus, provando una sorta di sollievo nel sapere che anche il suo migliore amico poteva finalmente provare il suo stesso tormento. Non era un pensiero del tutto positivo, ma quanto meno poteva dire di non essere più solo.

Helios, tuttavia, non sembrò voler condividere con Rufus quel momento di lamentela contro i vicini e le ragazzine stonate. Il suo umore era troppo cupo per permettergli di prendere la situazione con filosofia e magari proporre al suo migliore amico di andare a mangiare una granita altissiana o qualche altro dolce di Tenebrae. Tutto pur di allontanarsi da quell'arpia di bambina.

«Quindi è questa l'oca che ti rompe le scatole tutti i pomeriggi?», domandò, ma dal suo tono non sembrava realmente un quesito ma più che altro una mezza affermazione.

Rufus assentì riuscendo poi solamente a mormorare un: «Che intenzioni hai?!», quando vide Helios spalancare la porta-finestra che dava sul lato della strada dove si affacciava anche il balcone dei vicini.

«Adesso vedrà. Non sa chi si è appena inimicata!»

Rufus fece un passo avanti per fermarlo e magari farlo ragionare sulla gravità di un possibile litigio con i vicini, ma il suo migliore amico non gli diede neanche tempo di aprire bocca perché aveva già iniziato a cantare - male, perché Helios era tutto fuorché intonato - la stessa canzone scelta dalla ragazzina. Con voce anche particolarmente alta solo per sovrastare quella dell'altra.

Bastarono poche strofe per far zittire la figlia dei vicini e anche Helios rimase in silenzio, riprendendo puntualmente a cantare a squarciagola al minimo tentativo della bambina di ripartire con il suo concerto, che via via sembrò perdere di intensità e convinzione, tant'è che alla fine la voce della ragazzina sembrò quasi piegata da un pianto nervoso.

«La prossima volta pensaci due volte prima di cantare come una cornacchia!», strilló infine Helios, certo di aver sconfitto la sua rivale.

La bambina scappò letteralmente in casa sbattendo la porta del balcone e da qualche piano più sotto si sentì una voce maschile esclamare un: «Che gli Dei ti abbiano in gloria, l'hai asfaltata!», diretto ad Helios.

«Dovere, signor Sergius», rispose lui, ridendo e richiudendo la porta del balcone con un'espressione soddisfatta in volto.

Rufus, che era rimasto basito fino a quel momento, non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

«Beh, è la legge del taglione, no? Anche qui a Lucis è in vigore, vero?», chiese Helios, mostrandosi a sua volta palesemente divertito da quella situazione e dalla sua vittoria.

«Sei… incredibile», esalò Rufus, tenendosi lo stomaco con un braccio e asciugandosi gli occhi, umidi per le lacrime, con la mano libera. Il suo migliore amico ghignò compiaciuto, riprendendo la sua birra e lasciandosi definitivamente alle spalle il nervosismo che gli avevano messo addosso le sue reclute.

Di certo quello non avrebbe risolto i problemi di entrambi - i nuovi Angoni avrebbero continuato a fare pena e quella ragazzina forse sarebbe tornata alla carica -, ma Rufus in quel momenti non poté non sentirsi davvero più leggero: senza il suo amico si sarebbe davvero sentito perso.

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Fandom: Final Fantasy XV

Personaggi: Original Characters [Presenti anche: Cor Leonis, Noctis Lucis Caelum e Prompto Argentum]

Rating: SAFE

Parole: 1235

Prompt: The Observer

Note:

  1. Questo è quello che succede quando, giocando a FFXV Comrades finisci per chiederti "Ma i miei oc... che passato hanno?!" e quindi ecco a voi una raccolta di racconti sui personaggi che ho creato su Comrades XD
  2. Il prompt "The Observer" è inteso al plurale qui, perché ho creato Diana e Cecilia come due fangirl osservatrici in silenzio XD


Capitolo 3 - Babysitting [Diana & Caecilia]

Non era raro per gli Angoni venire convocati dalla Guardia Reale per svolgere dei compiti ben lontani dalla protezione dei confini di Insomnia. Vi erano infatti turni di ronda notturna per le strade della capitale o nella stessa Cittadella, alle volte dovevano presenziare ad eventi pubblici come guardie della Famiglia Reale o, quando Drautos era di cattivo umore, dovevano addirittura occuparsi del traffico - punizione che era più volte aspettata a Nyx Ulric.

Non erano compiti che tutti svolgevano volentieri, ma Diana e Caecilia non erano solite lamentarsi di quelle brevi missioni prive di qualsivoglia pericolo. Erano guerriere ma l'idea di trascorrere una serata lontane da Daemon, MT e dal pensiero dell'Impero, per dedicarsi alla più semplice 'osservazione' non era poi così male. Per quel motivo accettavano sempre di buon grado le convocazioni di Drautos o di Cor Leonis.

Infatti, quando il telefonino di servizio di Caecilia suonò ed apparve il contatto del Generale Leonis, questa non poté non esibirsi in un ampio sorriso. 

«Qui Navalia», rispose senza pensarci due volte, andando rapidamente alla cassa del market nel quale stava facendo la spesa.

«Ho un compito per te ed Heilwig».

La voce di Cor era profonda e controllata, forse un po' stanca, ma quelli non erano affari di Caecilia.

«Ricevuto. Quali sono i dettagli?», domandò scaricando la sua spesa.

«Autista e guardia del corpo del Principe e di un suo compagno», spiegò brevemente Leonis, «orario diciannove zero zero. Garage della Cittadella. Abiti borghesi su richiesta del Principe».

Caecilia appuntó tutto mentalmente.

«C'è altro che dobbiamo sapere?», chiese pagando il conto e imbustando i vari prodotti.

«Negativo. Altri dettagli vi saranno forniti alla Cittadella», concluse Cor, chiudendo la conversazione dopo un: «Ricevuto», della giovane donna.

Il sorriso che le si era stampato in volto sembrò allargarsi ulteriormente e, busta ben stretta in mano, si avviò rapida verso l'appartamento che divideva con Diana, desiderosa di darle la notizia.

Non era la prima volta che dovevano fare da babysitter al Principe, ed anche se non erano solite chiacchierare con lui e il suo amico - dovevano comportarsi come guardie del corpo invisibili -, entrambe avevano trovato una ragione più che valida per accettare di buon grado quel genere di compito. Era un motivo che difficilmente sarebbe stato condiviso dal resto degli Angoni, ma che faceva sentire entrambe parecchio esaltate. Come due adolescenti davanti al concerto di un loro idolo.

Spalancò la porta dell'appartamento, annunciandosi con un: «Missione Promptis», che spinse Diana a correre fuori dalla sua stanza con i capelli disordinati raccolti in una crocchia e la copertina in pile ancora sulle spalle - erano in pieno inverno, e tra le due Diana era quella che soffriva di più le basse temperature di Insomnia. 

«Quando? Dove?»

«Oggi alla Cittadella. Alle sette di sera. In borghese», la aggiornò, «deve essere uno dei giorni Gladnis»

«Ci voleva proprio questa buona notizia», commentò Diana senza nascondere la sua soddisfazione.

Già, si concesse mentalmente anche Caecilia con lo stesso compiacimento, quella era davvero una buona notizia.






Si presentarono in perfetto orario alla Cittadella, indossando abiti borghesi dai colori scuri, abbastanza comodi per poter passare sia la serata che dover combattere contro qualche malintenzionato. Sui loro visi vi era una maschera di autocontrollo che riuscirono a mantenere anche quando videro Cor scortare verso le macchine il Principe Noctis e il suo amico, Prompto Argentum.

«Navalia. Heilwig», le salutò l'uomo con un cenno del capo e le due risposero con un semplice: «Generale Leonis», rimanendo poi in silenzio in attesa di altri ordini.

«Vi affido il Principe», dichiarò Cor, porgendo le chiavi della macchina a Caecilia. Dal tono usato, non sembrava soddisfatto dall'assenza di dettagli, e sia Caecilia che Diana immaginarono che il Principe non si fosse sprecato granché nel condividere con lui i suoi progetti.

«Non dirlo come se stessi prestando una macchina», si lamento proprio quest'ultimo alzando palesemente gli occhi al cielo.

«Non si preoccupi Generale, li riporteremo a casa senza graffi entro mezzanotte», si permise di commentare Diana con un mezzo sorrisetto.

«Questo lo vedrò io», ribatté il Principe aprendo la portiera della macchina, «andiamo Prom!»

Prompto sussultò nel venire richiamato e, ridacchiando, rivolse un sorriso alle due a mo di saluto e ringraziamento, per poi raggiungere il Principe all'interno della vettura.

Cor parve quasi concedersi un sospiro e con un altro cenno del capo si allontanò, lasciando sole le due.

«Si inizia», mormorò Diana, spostandosi per entrare nella macchina dalla parte del passeggero. Aveva ancora in viso la sua maschera di controllo ma i suoi occhi brillavano divertiti tanto quanto quelli di Caecilia, che a sua volta si sedette sul posto di guida.

Come un copione già scritto, il Principe le avrebbe per lo più ignorate - si sarebbe rivolto loro solo per indicare la destinazione del viaggio - e Prompto avrebbe avuto occhi solo per Noctis. E loro due sarebbero state solo delle mere spettatrici. Era per quello che gli altri Angoni mal sopportavano le missioni di babysitting, ma per Diana e Caecilia era diverso. Per loro era piacevole osservare e ascoltare quella coppia di amici.

«Andiamo al cinema», dichiaro il Principe poco dopo e Caecilia, mettendo in moto si apprestò a lasciare il garage per immettersi nelle strade di Insomnia.

«Quindi Iggy e Gladio...», esordì Prompto. 

«È il loro anniversario. Ho dovuto ordinare a Ignis di prendersi la serata libera. Fa sempre troppe storie. Neanche fossi un moccioso con il bisogno di una badante».

Prompto ridacchiò. 

«Ah sì?», ironizzò, lanciando un'occhiata alle loro accompagnatrici, sguardo che non sfuggì a Diana, che li teneva d'occhio attraverso lo specchietto retrovisore.

«Non ci vuole mica la scorta per andare al cinema».

«No ma il Generale Leonis la pensa in modo diverso e anche Ignis e Gladio».

Era un discorso che le due Angoni avevano già sentito parecchie volte. Il Principe era solito parlare come se loro due fossero sorde o non esistessero, si lamentava apertamente, mentre Prompto cercava di rabbonirlo. Altri Angoni provavano un po' di risentimento per quell'atteggiamento ma non quelle due.

Per loro osservare le vicende di quel piccolo gruppo di amici era come il guardare un film alla televisione.
Già da tempo erano infatti venute a conoscenza della relazione tra lo Scudo del Re e il suo Consigliere - rinominati per semplicità Gladnis - e non da poco si erano rese conto dei sentimenti che i due più giovani sembravano provare l'uno per l'altro - Promptis. Era interessante osservarli e desiderare magari di poter assistere ad un qualcosa di più - infatti, parecchie volte, Diana si era ritrovata a mormorare tra sé e sé dei: «Now kiss», quando la situazione sembrava farsi più intima e perfetta per un bacio.

Perché, senza troppa vergogna, Diana e Caecilia si sarebbero auto-definite delle 'osservatrici' o, per i più esperti, avrebbero anche usato il termine di 'fangirls'. Per loro era quasi normale 'shippare' sia personaggi fittizi che persone reali, e il Principe Noctis e il suo seguito erano ovviamente i loro preferiti.

Certo, era un po' imbarazzante - oltre che pericoloso per le loro carriere - ma alla fin fine non facevano male a nessuno.

L'importante, quello era più che chiaro, era che quei loro pensieri rimanessero sempre per loro e non di dominio pubblico... visto che in caso contrario erano quasi certe che Re Regis sarebbe stato ben disposto a rimettere in auge la pena di morte - soprattutto quando avrebbe scoperto che le due lo shippavano con il suo Scudo.

 

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