Feb. 25th, 2020

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Fandom: Games of Throne

Personaggi: Sandor Clegane

Rating: NSFW (solo per le parolacce)

Parole: 510

Prompt: La Torre

Note:

  1. Ho scelto i tarocchi per questa fic perché leggendo le varie interpretazioni mi sono scontrata in questa frase: “La Torre simboleggia dunque l’improvviso cambiamento, la distruzione dello stile di vita a cui si è abituati e il crollo delle difese.” ed ho pensato fosse perfetta per Sandor e come vede cambiare la sua vita da quando incontra Sansa.

  2. Il titolo… il titolo non ha senso. Ma mi piaceva e non avevo altro in mente.


Sandor Clegane portò alla bocca il boccale di vino, tracannandone il contenuto in un sol sorso senza curarsi minimamente dei rivoli rosso smeraldo che iniziarono a scivolare dai lati della bocca fin sul mento, andando infine a insozzare il suo camicione già lurido.

Attorno a lui i soldati cantavano e bevevano, infilavano le mani sotto le sottane delle sgualdrine venute fin lì dal bordello di Approdo del Re e si beavano dei finti gemiti che queste emettevano con le loro fastidiose voci acute.

A Sandor non erano mai piaciute le prostitute ma, ovviamente, non aveva mai rifiutato una scopata senza troppo impegno e che lo alleggeriva solamente di qualche moneta d'oro. Erano uno sfogo privo di sentimenti e di stupidi preliminari, perché era sempre stato solito prenderle da dietro e scoparsele senza alcun riguardo. D’altro canto, Mastino come lui poteva scopare solo come una bestia. Eppure da qualche tempo a quella parte, anche quel minimo interesse, volto solo allo svuotarsi le palle, sembrava essere venuto meno.

E che gli Dei vecchi e nuovi lo fottessero lì sul momento, ma Sandor sapeva anche chi incolpare per quel suo fastidioso mutamento.

Quella persona, in quel preciso istante, era rinchiusa all'interno delle sue stanze dorate come una gabbia, a piangere per la crudeltà del mondo e di Approdo del Re. A pregare quegli stronzi degli Dei affinché la salvassero da quella prigione inadatta ad un uccellino innocente e delicato come lei.

Sansa Stark era sempre stata gentile con lui, rispettosa e intimorita dalla sua stazza, ma l'aveva sempre trattato come un Cavaliere, andando oltre il suo volto sfregiato e la reputazione sanguinosa che lo precedeva.

Sandor, al contrario, non era mai riuscito ad essere realmente carino con lei. La sua personalità lo portava ad essere duro e rozzo, incapace di mostrare - anche sforzandosi - quei tratti galanti e cavallereschi che Sansa sembrava tanto amare e idolatrare, perché Sandor, come era solito ripetere, era solo un cane.

Eppure gli Dei, ammessa e non concessa la loro esistenza, erano stronzi e infami perché quella ragazzina del Nord, dai capelli baciati dalle fiamme, gli era entrata dentro come il più ricco e delizioso dei vini, dandogli quasi assuefazione.

Si era scoperto a desiderarla in un modo tanto fisico quanto emotivo, e solo con l'alcool riusciva a mettere a tacere quel lato nuovo lato di sé, quasi sentimentale, che lo faceva sentire come una fottutissima femminuccia. 

Imprecò ancora, alzando poi lo sguardo verso le torri del palazzo avvolte dall'oscurità, le cui stanze illuminate dalle candele apparivano nel cielo notturno come piccole e stupide stelle. Cercò di individuare con lo sguardo quella appartenente a Sansa, senza però essere realmente in grado di trovarla, quello però non gli impedì di continuare a guardare verso quella direzione.

Sollevò ancora il boccale di vino, di nuovo pieno, in un gesto simile ad un brindisi.

«A te, Uccelletto. Che gli Dei che tanto ami ascoltino le tue stupide preghiere», bofonchiò, affogando di nuovo i suoi pensieri, i desideri e i cambiamenti non voluti del suo animo in quell'alcool di bassa qualità.


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Fandom: Final Fantasy XV

Personaggi: Ignis Scientia, Gladiolus Amicitia

Rating: SAFE

Parole: 520

Prompt: Gli Amanti

Note:

  1. Nessuna interpretazione particolare. Sono amanti e basta LOL


«Non possiamo continuare così», quell'affermazione sembrò quasi gelare Ignis sul posto. Le sue dita fini si erano fermate nel tentativo di infilare un bottone della sua camicia nell'asola e il suo volto, per qualche istante, mostrò tutto lo stupore che le parole di Gladio avevano fatto nascere in lui.

Da mesi avevano una relazione clandestina, nascosta a tutti - anche a Noctis -, ed il fatto che Gladiolus avesse appena pronunciato quelle quattro parole, sembrava quasi mettere la parola fine a quello che avevano costruito.

Ignis, forse in modo un po' presuntuoso, aveva sempre pensato che sarebbe stato lui stesso a 'lasciare' Gladio. Aveva anche immaginato, senza troppa fatica, la scusa che avrebbe utilizzato per troncare il loro rapporto da amanti: «La nostra relazione extra-lavorativa può rappresentare un ostacolo per i nostri obblighi verso il Principe».

Aveva senso e sapeva che Gladio, anche se con un po' di difficoltà, si sarebbe arreso all'evidenza. Avrebbero sofferto entrambi ma quella, secondo l'ottica di Ignis, sarebbe stata la scelta migliore.

Tuttavia, quell'affermazione era stata in grado di stravolgere tutti suoi piani e anche le sue credenze. Sapeva che avrebbe fatto male, ma non si aspettava di sentire quella sensazione di gelo e panico.

Si costrinse a riprendersi e, stringendo le labbra in una smorfia, si voltò fino a dare le spalle al letto nel quale Gladio, seminudo, era ancora disteso. Non era certo di riuscire ad assumere un'espressione tranquilla, e quello era l'unico modo che aveva per riuscire a parlare senza tradirsi.

«Capisco», mormorò, «credo che sia la scelta giusta», riprese tentando di dare alla sua voce un tono neutrale. Era difficile, e faceva male... davvero male. Non credeva potesse essere possibile.

«Lo pensi anche tu, Iggy?»

Trattenne il respiro per permettere alla sua voce di mantenere il suo tono di distacco.

«Esattamente».

Le coperte frusciarono alle sue spalle e, in un attimo, Ignis si ritrovò stretto tra le braccia muscolose di Gladio. Emise un verso sorpreso, che divenne un «Cosa?!» quando l'altro giovane uomo dichiarò un allegro: «Lo diciamo prima a Noct e Prom? Oppure preferisci incontrare prima mio padre? O Iris? Da chi pensi sia meglio iniziare?»

Calò il silenzio e Ignis, divincolandosi dalla stretta di Gladio, si voltò verso di lui e per guardarlo senza neanche preoccuparsi dell'espressione stravolta che si dipinse sul suo viso.

«Come, scusa?»

Gladio lo baciò a tradimento.

«Dobbiamo finirla di vederci di nascosto. Voglio... che tutti lo sappiano. Che sei il mio ragazzo, intendo», ghignò con chiaro tono di compiacimento nella voce e Ignis, forse per la prima volta nella sua vita, non poté far altro che darsi dell'idiota per aver viaggiato troppo con i pensieri... cosa che, al tempo stesso, gli aveva fatto capire una cosa estremamente importante: quanto sarebbe stato difficile abbandonare Gladio.

Distolse lo sguardo, con le labbra pericolosamente sollevate verso l'alto, sperò di non dover più provare le sensazioni di qualche minuto prima.

«Dobbiamo… valutare da dove sia meglio partire», riuscì a rispondere. E Gladio, senza smettere di sorridere, lo trascinò di nuovo sul letto, pronto ad affrontare quel discorso che, probabilmente, aveva desiderato sostenere da un bel po’ di tempo.

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Fandom: Ensemble Stars

Personaggi: Shu Itsuki, Kuro Kiryu

Rating: SAFE

Parole: 300

Prompt: You wanted to make me believe in love

Note:

  1. L’ho scritta un po’ di getto mentre nel lettore mp3 partivano le canzoni di Enstars LOL


Per Shu Itsuki sarebbe stato semplice chiudersi a riccio e andare a recuperare Mademoiselle in modo da donare una voce ai suoi pensieri e paure, perché per quanto amasse Kuro Kiryu una minuscola parte del suo inconscio sentiva il bisogno di urlare un: «Non posso crederti».

Come poteva d’altro canto?, strillò una vocina acuta nella sua mente.

Voleva davvero fidarsi di Kuro? Credere in quei sentimenti?

Si portò una mano al petto, cercando di sostenere il battito accelerato del suo cuore.

Il tempo di Mademoiselle era passato. Da anni ormai aveva smesso di avere bisogno di lei, aveva imparato a gestire i suoi sentimenti, sia verso se stesso che nei confronti degli altri. Ma in quel momento si sentiva per davvero come se il terreno gli stesse franando da sotto i piedi.

Perché Kuro era lì, in ginocchio dinanzi a lui, con l'anello della defunta madre tra le dita in una chiara offerta. Con gli occhi sinceri ed emozionati che sembravano ripetere all'infinito la stessa domanda che gli aveva posto poco prima: «Shu Itsuki, vuoi sposarmi?»

Shu aveva paura di tutte quelle emozioni che lo stavano investendo e non poteva credere che fosse tutto reale. Non era neanche certo di meritare quella gioia, ma più osservava Kuro più sentiva crescere il bisogno di fidarsi del suo compagno come aveva sempre fatto sin da quando erano due marmocchi.

Trattenne il respiro per qualche istante e infine tese la mano, scacciando via quelle ombre cariche di dubbi e paure che per un istante lo avevano investito.

«Vuoi proprio farmi credere nell’amore....», mormorò imbarazzato, esalando poi un basso ma deciso «Sì», al quale Kuro, con un sorriso.

«Così pare», commentò in risposta, prendendogli la mano - fredda tra le sue ben più calde -, per far poi scivolare l'anello nell'anulare sinistro di Shu.

Attenzioni

Feb. 25th, 2020 11:11 pm
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Fandom: Kuroko no Basket

Personaggi: Nijimura Shuuzou, Haizaki Shougo

Rating: SAFE

Parole: 500

Prompt: Spokon

Note:

  1. Una delle cose che preferisco su Nijimura e Haizaki è il classico “lo fa solo per attirare le attenzioni”.


Quando quel pomeriggio Shuuzou aveva visto il minore dei suoi fratelli tirare i capelli ad una sua compagna di classe, ancora non sapeva che quella ‘scenetta’ lo avrebbe aiutato, forse inconsciamente, ad aprire gli occhi su ciò che accadeva giornalmente nella sua vita, dando una spiegazione alla piaga che aveva iniziato a rendere la sua vita scolastica una vera e propria seccatura.

Da bravo fratello maggiore era subito intervenuto e si era scusato con la madre della bambina, e solo sulla strada di casa si era permesso sgridare il fratello, spiegandogli con calma e fermezza che non bisognava mai e poi mai fare del male ad un’altra persona - men che meno ad una femmina.

Il suo fratellino però lo aveva guardato con gli occhi sgranati e sorpresi, quasi avesse davanti un alieno - o lo avesse sentito imprecare.

«Ma non le ho fatto male, Shuu-nii!», si era infine difeso, «L’ho fatto solo per avere le sue attenzioni!», aveva aggiunto con convinzione.

Nijimura era rimasto ovviamente spiazzato da quella risposta tanto onesta e carica di fierezza.

In un certo qual modo, si disse, quelle convinzioni non erano del tutto prive di senso, ma al tempo stesso Shuuzou non era neanche certo che le attenzioni che avrebbe ricevuto il suo fratellino in cambio sarebbero state del tutto piacevoli.

«Non credo funzioni così, Koichi», aveva sospirato infatti, iniziando ad argomentare le sue motivazioni, senza però riuscire ad allontanare del tutto quelle del fratello.

Perché quelle parole soddisfatte e immature lo avevano portato in un secondo momento a pensare ad un'altra persona altrettanto orgogliosa e infantile: Haizaki Shougo, la sua piaga.

Il suo kohai sembrava aver reso il 'disturbarlo durante gli allenamenti e non' una sorta di sport nazionale e dinanzi a quella realizzazione, per Nijimura fu quasi impossibile non sbottare a bruciapelo un: «Lo stai facendo per avere le mie attenzioni?», l’indomani stesso, mentre lo trascinava con la forza verso la palestra per costringerlo a prendere parte all’allenamento mattutino.

Doveva capire se Haizaki era un cretino completo o solo in parte. Perché, a dirla tutta, al suo kohai sarebbe bastato partecipare attivamente agli allenamenti, senza disturbare e con il rispetto per i suoi compagni, per avere le sue attenzioni non violente - era un bel ragazzo d’altro canto, e Nijimura, non era così cieco da non rendersene conto.

Ne osservò subito le reazioni, scoprendo con non poca sorpresa come il più giovane avesse perso all'istante ogni accenno di velleità, passando rapidamente da una colorazione pallida ad una più rossa.

Forse, si disse, ci aveva visto giusto.

«V-vai a farti fottere! M-ma chi vuole le tue attenzioni!», esclamò Haizaki con tono acuto e palesemente imbarazzato, correndo poi verso i loro compagni per iniziare l'allenamento senza tentare di interromperlo o di attaccare briga con Kise o Aomine.

Nijimura non aveva ottenuto una vera e propria risposta affermativa, ma di certo ciò che aveva visto valeva più di qualsiasi altra dichiarazione.
Ghignò compiaciuto. Da quel punto in poi, le cose si sarebbero fatte davvero interessanti. 

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Fandom: Haikyuu

Personaggi: Iwaizumi Hajime, Oikawa Tooru

Rating: SFW 

Parole: 290

Prompt: Spokon

Note:

  1. Tratta da una storia vera LOL


Iwaizumi era quello che Oikawa adorava definire un termosifone ambulante. Infatti non importava che fosse pieno inverno o l’estate più calda degli ultimi vent’anni: Hajime sembrava essere in grado di emettere sempre calore. E di quello Tooru ne era immensamente grato.

Perché Oikawa, al contrario suo, mal sopportava le basse temperature. Detestava vedere le mani screpolarsi per il freddo, per non parlare dei raffreddori e delle influenze. Lui era nato in piena estate e il suo corpo sapeva di avere sempre bisogno di un certo tipo di calore, che per fortuna Iwaizumi era in grado di fornirgli in modo naturale.

Per quel motivo d'inverno, o quando le temperature si abbassavano troppo per i suoi gusti, era solito cercare il calore del suo compagno in ogni modo… anche a costo di rischiare seriamente la vita.

Infatti, fu un: «Ti ammazzo!», che lo accolse seguito da un brivido quando, andando a sedersi alle spalle di Hajime, si azzardò ad infilare le mani congelate sotto la felpa dell’altro ragazzo. Era bollente e sentí subito un vago accenno di sollievo abbracciarlo.

«Ma ho tanto freddo, Iwa-chan… le mani sono preziose per un alzatore, vuoi che il tuo Capitano stia male?», si lamentò, cercando di impietosirlo. Appoggiò infatti il mento sulla sua spalla, tirando fuori il labbro inferiore in un broncio.

Iwaizumi emise un verso esasperato.

«Ho un idiota per capitano, ed hai i guanti sulla scrivania!», esclamò in risposta Hajime, senza però fare niente per allontanarlo, e lì Oikawa seppe di aver vinto.

Sorrise vittorioso, permettendosi di scoccargli un bacio sulla guancia.

«Guanti o non guanti, tu sei più caldo Iwa-chan… grazie per essere il mio termosifone ambulante~», cinguettò allegramente, sistemandosi meglio contro di Iwaizumi per godere di quel calore riservato solo a lui.

Unspoken

Feb. 25th, 2020 11:12 pm
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Fandom: Final Fantasy XV

Personaggi: Iris Amicitia

Rating: SFW

Parole: 270

Prompt: La Papessa

Note:

  1. Mi sono ispirata a questa frase trovata nella wiki: “Nella cartomanzia [La Papessa] rappresenta generalmente la conoscenza segreta”.


Iris era diventata brava nel far finta di nulla. Non ne andava fiera ma, a seconda della necessità, riusciva ogni volta a non mostrare il suo spiccato senso d'osservazione. Si trattava di una sorta di protezione che metteva su non tanto per salvaguardare se stessa, ma più che altro per il bene di chi le stava accanto. 

Soprattutto quando le cose che notata riguardavano la sua famiglia. D'altro canto, era sempre stata una ragazza attenta, ed era stato impossibile per lei non notare il crescente malessere di suo padre… e proprio perché si trattava di Clarus, Iris si era sentita costretta a tenere la bocca chiusa.

Suo padre era un uomo orgoglioso, ligio al dovere e fedele alla famiglia. Per Iris era una sorta di supereroe, imbattibile e incorruttibile, lo aveva sempre visto privo di debolezze, e lo stesso Clarus sembrava voler mostrare quell'immagine di sé. Non si sarebbe potuto definire lo Scudo del Re altrimenti. 

Nascondeva le sue ansie e paure dietro un aspetto austero ma Iris aveva notato le sue spalle rigide e le occhiaie malamente nascoste da un fondotinta scadente, aveva visto le rughe del suo volto farsi più accentuate, e anche i sospiri, lunghi e profondi, che sembrava concedersi quando pensava di essere solo.

Erano tanti piccoli dettagli che uniti la facevano sentire in ansia, ma non voleva neanche creare problemi a suo padre. Clarus non si sarebbe mai confidato con lei e, probabilmente, si sarebbe preoccupato ulteriormente nel sapere che Iris sapeva un qualcosa che doveva invece restare nascosta.

Non era una bella situazione, ma Iris… era diventata davvero brava nel far finta di niente.

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Fandom: Fire Emblem Three Houses

Personaggi: Judith von Daphnel (presenti: Claude von Riegan, Byleth Eisner)

Rating: SAFE

Parole: 600

Prompt: Il Bagatto

Note:

  1. Ambientata nella route dei Golden Deer. Una battaglia randomica.

  2. Judith vuole bene a Claude. Ed è palese che Claude si stia dando un sacco da fare çAç

  3. Ho interpretato il tarocco del Bagatto seguendo questa frase: "Il Bagatto dunque rappresenta un uomo sicuro e determinato nel significato divinatorio positivo.", che sembra palesemente scritta per Claude e per il suo impegno ma anche per come lo vedono gli altri, come il questo caso Judith.


Era stata una battaglia pesante e non senza perdite, e per quanto Claude fosse riuscito a mantenere il sangue freddo e l’ordine tra le fila dell'Alleanza, era stato difficile anche per lui non avvertire la crescente stanchezza.

Aveva fatto buon viso a cattivo gioco. Si era dimostrato un uomo maturo nel piangere i caduti, ma anche una persona capace di volgere il suo sguardo non solo al futuro ma di saperlo portare pure al presente nella sua scelta di festeggiare ugualmente la vittoria. E solo alla fine, quando era rimasto con accanto le persone più fidate della sua piccola cerchia , si era permesso di mostrare la debolezza del suo corpo.

Era crollato, letteralmente, sul tavolo della Sala delle Riunioni ed aveva sollevato non poche esclamazioni di terrore nei pochi presenti. Era stato un falso allarme, ma la paura che avevano provato era stata reale.

La stessa Judith, che aveva visto innumerevoli battaglie e tolto la vita ad altrettanti guerrieri, aveva provato una sorta di vuoto all’altezza dello stomaco nel vederlo privo di sensi. Una sensazione talmente fastidiosa da non essersi attenuata neanche dopo qualche ora.

Per quel motivo si era spinta fino all’infermeria, nella quale avevano deciso di far riposare lì Claude anziché portarlo nei suoi alloggi, un modo come un altro per 'difenderlo' dai vari rumori molesti dei suoi vicini di camera. Si era mossa con la certezza che quel senso di malessere l’avrebbe abbandonata del tutto nell’accertarsi di persona delle condizioni del giovane uomo.

Rimase ad osservarlo per qualche minuto, studiandone il respiro regolare e l’espressione rilassata. Era un ragazzo normalissimo, eppure sulle sue spalle gravava un enorme peso.

La forza di volontà di Claude, la creatività e le abilità, lo avevano portato ad essere un giovane uomo rispettato e determinato. Una figura positiva, ispiratrice di fiducia nonostante i suoi continui scherzi e le folli strategie.

Judith lo stimava, non poteva negarlo.

Sospirò a quel punto, lasciando correre effettivamente via tutta la tensione.

«Odio l'idea di perderti, piccoletto», ammise tra sé e sé la donna, «quindi cerca di non combinare altri disastri», aggiunse, scostando i capelli dalla fronte di Claude. Un gesto delicato, quasi inusuale per lei, ma che le sembrò talmente naturale da non metterla neanche in allarme su quei sentimenti d’affetto che la legavano al giovane leader dell’Alleanza.

Piegò le labbra in un mezzo sorrisetto, insultandosi mentalmente - ma senza neanche essere troppo dura con se stessa - per aver permesso a Claude di diventare tanto importante non solo per lei, ma anche per tutte quelle persone che, in un modo o nell’altro, avevano deciso di schierarsi dalla parte dell’Alleanza in quella guerra.

Si allontanò dal letto silenziosa, lasciando il giovane uomo al suo meritato sonno ristoratore, ritrovandosi però a sussultare quando, nel voltarsi per abbandonare la stanza, si scontrò con i chiari occhi verdi di Byleth.

Si scrutarono per qualche istante. Byleth era l’alleata più preziosa di Claude, e Judith, incapace di scorgere una reale minaccia nella sua presenza in quella camera, si sentì addirittura in grado di rivolgerle un nuovo sorrisetto. La affiancò, posandole la mano sulla spalla.

«Lo affido a te, prof», dichiarò facendo poi un passo verso la porta, per poter abbandonare la stanza .

Non aveva bisogno di ricevere risposte da parte dell’altra donna, perché le era bastato incrociare anche solo per un istante i suoi occhi per sapere di aver lasciato aver lasciato il piccoletto nelle mani giuste. Perché quelle chiare iridi verdi potevano anche apparire inespressive, ma quando si parlava di Claude quello sguardo sembrava quasi illuminarsi e riempirsi di vita.

Il piccolo Claude era in buone mani.

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