Mar. 28th, 2020

Balestra

Mar. 28th, 2020 04:39 pm
kurecchi: (Default)
 

Fandom: Cowtverse

Personaggi: Yande, Leste

Rating: SAFE

Parole: 1785

Prompt: Cowtverse

Note:

  1. Riassumiamo un po' la situazione. Vedo Yande. Carnagione scura. Ero già innamorata. Vedo che ha delle frecce ed ero già tipo partita per mille filmini. Esce la bio ufficiale, leggo "balestra" e il mio cuore esplode. Personaggio del cuore. Best characters ever. Il tutto migliorato quando mi viene confermato che è ambidestro. È il personaggio della vita.

  2. Userò termini tecnici delle balestre perché… beh, sono una balestriera irl e posso donare a Yande la mia conoscenza e pure a voi nelle note finali.


Il silenzio del campo di tiro del palazzo veniva rotto solamente dal netto e secco suono della verretta scoccata da una balestra manesca. Dapprima si poteva sentire lo scatto della noce e della corda quasi all'unisono e infine, il duro 'tac' della punta del dardo che si conficcava nel legno duro del bersaglio. Poi, di nuovo il silenzio.

Yande, soddisfatto dal suo tiro, abbassò la sua manesca, permettendo ai muscoli tesi del suo braccio di rilassarsi. Prese un bel respiro e si sistemó, con un gesto distratto, gli occhiali dalla fine montatura che gli erano leggermente scivolati sul naso.

Con la staffa puntata per terra, caricó per l'ennesima volta la balestra afferrando la corda con le mani e tendendola quasi fino allo stremo per portarla alla noce, dove vi si incastrò con un netto 'clack'. Con la massima attenzione sollevò l'arma e ne sostenne il peso con una sola mano, utilizzando l'altra per prendere un nuova verretta dalla faretra posta sulle sue spalle. La posò sulla leggera incanalatura della piastra di ferro, incastrandola sulla noce.

Erano tutti movimenti metodici, lenti e calcolati, ma soprattutto tutto anche abituali che Yande riusciva ormai a compiere quasi senza pensare. Infatti, se l'uomo si trovava proprio in quel campo da tiro deserto, era proprio per allontanare ogni pensiero e rilassarsi, ma più di ogni altra cosa per ritrovare l'equilibrio.

Sapeva di essere oscenamente sicuro di sé, ed era pienamente consapevole sia delle sue abilità che della sua magia, e proprio per quello sapeva di aver bisogno di tanto in tanto di quegli attimi, lontano da tutto e tutti.

Sollevò infatti l'arma fino a posare la guancia sul legno finemente intagliato della sua arma e, senza perdere la sua concentrazione, puntó gli occhi sul bersaglio. Il braccio in tensione come la corda della balestra, il fiato trattenuto per evitare qualsiasi tremolio che avrebbe potuto inficiare il suo tiro.

Immobile studiò il vento, le labbra si strinsero ulteriormente e con un semplice tocco del grilletto, il dardo si conficcò con quel suo secco 'tac' nel bersaglio.

«Complimenti, un tiro davvero impeccabile!»

Fu un applauso introdurre quella frase che, sfortunatamente, spezzò sia il silenzio del campo da tiro che la concentrazione di Yande, costringendo quest'ultimo a voltarsi verso uno dei porticati in pietra bianca.

Nascosto nella penombra, vi era Leste dell'Orologio uno degli stregoni chiamati in quel luogo per risanare le Lande. Solo quando i loro occhi si incrociarono, il più giovane sembrò decidersi ad abbandonare il suo riparo camminando lentamente verso di lui con un leggero e delicato ondeggiare di fianchi. La luce del sole lo colpì subito, facendo quasi brillare quella sua pelle chiara e liscia come la porcellana.

A Yande, non era mai piaciuto eccessivamente quel ragazzino. Troppi erano i pettegolezzi che giravano attorno a Leste e non era sua intenzione vedersi associato a lui, gettandosi praticamente in pasto alle malelingue. Anche se, ovviamente, non poteva negare di trovarlo piacevole alla vista e anche stuzzicante a livello personale.

Si trattenne dall'accoglierlo con un ben poco gentile "che cosa ci fai qui?", preferendo rivolgergli uno sguardo tra l'interrogativo e l'ostile. Un messaggio chiaro, se solo il più giovane avesse voluto afferrarlo, cosa che evidentemente sembrava non voler fare.

«I miei complimenti sono sinceri, Yande», proseguì infatti Leste, affiancandolo, «non hi mai visto nessuno brandire un'arma così 'rozza' in modo così 'elegante'. Senza rendermene conto, sono quasi rimasto incantato da te».

Parlava in modo chiaro, senza un particolare accento o inclinazione. Ogni sua parola sembrava essere studiata, così come la sua dizione impeccabile. Erano dettagli che Yande non era solito lasciarsi sfuggire, abituato com'era a giudicare sia le persone che gli animali.

«Personalmente ho sempre preferito l'arco alle balestre», proseguì il più giovane, e a Yande non restò altro se non emettere un basso sospiro, toccandosi la montatura degli occhiali in quel suo gesto inconscio e ormai automatico.

«L'arco è un'arma più semplice della balestra. Il portamento richiesto dall'arco deve sposarsi con l'equilibrio del fisico», gli spiegò paziente, incerto se volesse o meno dare una lezione di manesca a quel ragazzino. O meglio: se quella sua zona di pace fosse il luogo adatto per mettere da parte i suoi dubbi nei confronti di Leste.

«Stai stuzzicando il mio interesse, Yande», svelò il più giovane, inclinando il capo e sollevando lentamente le maniche della camicia che indossava, mostrando i polsi fini e la pelle chiara tanto quanto l'altro era scuro, «mi chiedo… potresti farmi da insegnante?», domandò un breve momento di silenzio, nel quale probabilmente aveva permesso a Yande di far scorrere lo sguardo sulle sue braccia messe a nudo.

Sembrava quasi una seduzione e, vista la fama del più giovane, quella forse era la realtà. Yande, tuttavia, sembrò voler scorgere in quelle parole melliflue anche un pizzico di sfida, un qualcosa che per carattere difficilmente sarebbe riuscito a rifiutare, infatti fu il pensiero di poter mostrare a quel ragazzino quanto le balestre fossero delle armi tanto eleganti quanto letali a spingerlo ad accettare.

Le intenzioni di Leste rimanevano in ogni caso chiare, e Yande non escludeva che quell'improvviso interesse nei suoi confronti doveva essere nato proprio a causa del suo atteggiamento scostante.

Come un bambino capriccioso, Leste sembrava voler sempre ottenere ciò che non poteva avere... e che, in quel preciso caso, non avrebbe mai avuto. Perché Yande non era solito concedersi a chiunque, men che meno a dei ragazzi come lui.

Eppure quella silenziosa sfida lo aveva incuriosito, e non tentò neanche di nascondere un'espressione compiaciuta quando porse all'altro la balestra. Era pesante, all'incirca tra i sette e gli otto chili, e sarebbe stato interessante vedere quel ragazzino, dal fisico così esile, cercare di sostenere quel peso solo con un braccio.

Leste accettò l'arma, inarcando le sopracciglia quando la sentí gravare sulle sue braccia, tuttavia la sostenne senza lasciarla cadere. La osservò a lungo, sfiorando con la sola punta delle dita prima il delicato grilletto e poi gli le decorazioni del legno. Era una carezza volutamente lenta, studiata per attirare lo sguardo e, forse, accendere anche i desideri delle persone, e quella considerazione sembrò venire confermata quando Leste alzò lo sguardo su Yande. Gli brillavano gli occhi e le sue labbra erano piegate in un sorrisetto quasi infantile, sul quale però balenó rapida la lingua per inumidirle.

«Allora, la prima lezione?»

Yande raccolse allora da terra il caricatore meccanico della balestra, rimasto fino a quell'istante abbandonato a neanche un metro dalla sua postazione. Era raro per lui utilizzarlo, visto che caricava l'arma a mani nude, ma era ugualmente abituato a portarsi dietro anche quel meccanismo e dubitava che Leste fosse in grado di emularlo.

«Il caricamento prima di tutto», rispose, spiegandogli poi come sistemare la staffa per terra e come posizionare il caricatore in modo da poter tendere la corda.

Leste sembrò ascoltarlo con attenzione, cercando infine di eseguire le sue indicazioni. Inizialmente mostrò un po' di difficoltà ma, dopo qualche tentativo, la corda andò ad incastrarsi nella noce con un suono secco.

«L'arco è più veloce», constató il più giovane, sollevando di nuovo la balestra, facendo attenzione a non sfiorare il grilletto.

«La balestra sa essere più precisa e potente», rispose Yande, assicurando il caricatore alla cintura e prendendo una delle verrette dalla faretra.

«Mi chiedo se… siano anche dei tuoi pregi~», insinuó l'altro con tono malizioso. Sarebbe stato semplice rispondere per le rime, ma Yande preferì non mostrare alcuna reazione né interesse, perché quello era un gioco che si faceva in due e lui non era interessato… o quanto meno non alle regole di Leste.

Con tono calmo, infatti, ignorò quel quesito e spiegò al ragazzino come imbracciare l'arma e fu lui stesso a posare il dardo sulla lastra in ferro quando l'altro si trovò nella posizione giusta.

«Resta immobile», gli disse a quel punto, «trattieni il respiro e prendi la mira», proseguì, aggiungendo poi quali punti seguire per essere sicuro di aver preso bene la mira.

Leste non parve seccato dalla mancanza di reazioni da parte Yande, ma il suo viso fece trasparire quasi rispetto e concentrazione per quello che stava per fare. Era sicuramente consapevole della pericolosità dell'arma che aveva tra le braccia e probabilmente proprio per quello sembrava aver ridotto al minimo i suoi tentativi di seduzione.

Quel pensiero fece quasi sorridere Yande, espressione che mutò in un ghigno quando noto il braccio teso di Leste tremare ed abbassarsi un poco. Fu in quel momento che decise di intervenire e di farlo secondo le sue regole. Non era minimamente interessato a sedurre Leste - anche perché sapeva che gli sarebbe bastato un solo cenno per averlo, anche in quel preciso istante -, ma l'idea di ripagarlo con la stessa moneta non gli dispiaceva.

Portò infatti la mano sulla balestra per aiutare Leste a sorreggere quel peso, andando al tempo stesso ad accostare il suo corpo contro quello del più giovane.

Lo sentí irrigidirsi per un momento, ma proprio per via della pericolosa arma che teneva imbracciata e carica Leste evitò di sottrarsi a quella posizione.

«Mantieni la schiena dritta», gli sussurró piano, abbassando il capo per poter soffiare quelle parole direttamente nell'orecchio dell'altro, «come ti ho detto prima… il portamento del tiro con l'arco deve sposarsi con l'equilibrio del tuo corpo».

Leste piegò un poco le labbra in un sorrisetto, appoggiandosi contro il corpo di Yande.

«In questo modo?», domandò, sfregando le natiche contro il più grande.

Yande mantenne salda la presa sulla balestra, ma non reagì a quella provocazione tutt'altro che inaspettata. Era complicato mantenere quel controllo, ma Yande traeva più soddisfazione nel frustrare Leste che nel concedergli qualcosa.

«Prendi la mira e premi il grilletto» riprese infatti e neanche un secondo dopo, forse guidato dalla fretta il più giovane scocco la sua verretta che colpì il bersaglio senza però avvicinarsi al centro.

Leste abbassò la balestra e si voltó verso Yande in attesa di commenti, ma questi non arrivarono perché l'uomo decise di prendere subito le distanze, avanzando verso i bersagli per poter recuperare i dardi.

«Allora?», lo incalzó Leste, seguendolo con la balestra in spalla.

«Hai molto da imparare», rispose Yande, riponendo le verrette nella sua faretra.

«Con un buon insegnante come te… potrei diventare un ottimo alunno~», insinuó il più giovane con quella sua espressione compiaciuta e furba che, senza ombra di dubbio, era stata un grado di sedurre più di un uomo.

Yande recuperó la balestra e si sistemò gli occhiali, rivolgendogli un ghigno di sfida, certo che Leste avrebbe subito colto le implicazioni delle sue parole.

«Mi spiace, ma non ho mai accettato allievi», rispose con tono calmo, dando poi le spalle al più giovane per allontanarsi e ritirarsi nelle sue stanze, ritrovandosi però a sorridere quasi divertito quando la voce di Leste lo raggiunse con un: «Per ora~»


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Fandom: Promare

Personaggi: Lio Fotia, Galo Thymos

Rating: SAFE

Parole: 2425

Prompt: Inserisci

Note:

  1. OMEGA!GALO È TUTTO. 

 

Era stato un odore dolce di cannella e incenso a spingere Lio a lasciare il suo ufficio per attraversare rapidamente i corridoi deserti della caserma. Era stato improvviso, ma abbastanza forte da risvegliare nell'ex Burnish un fuoco che per anni era rimasto semi-sopito a causa dei Promare.

"C'è un omega nelle vicinanze", pensó infatti, faticando a contenere l'eccitazione che quell'odore stava risvegliando nel suo corpo. Sapeva di non doversi lasciar trasportare in quel modo, ma le sue gambe si stavano muovendo da sole, attratte da quella forza invisibile che si scontró quasi con violenza contro un muro quando si ritrovò a mettere piede negli spogliatoi.

Galo era lì e quell'odore proveniva da lui. Il desiderio provato fino a quel momento sembrò sia venire meno che accendersi di un bisogno ben diverso, che Lio non riuscì a definire in alcun modo.

Si potesse il naso e la bocca con il braccio. Le sue pupille si erano dilatate al solo sentire senza più filtri il profumo emanato da Galo e ma qualcosa gli stava fortunatamente impedendo di lasciarsi guidare dai desideri del suo secondo genere.

«Credevo che tu... fossi un'alfa», mormorò a quel punto, attirando su di sé le attenzioni dell'altro ragazzo. Galo ansimò, appoggiandosi al muro con le braccia strette attorno alla pancia.

«Prendevo dei soppressori ma... ho smesso di prenderli dopo l'arresto e poi è successo tutto così in fretta che mi sono dimenticato», spiegò, il viso arrossato per l'imbarazzo, «avverti Ignis che... sto per entrare in calore. Mi rinchiuderò a casa».

Le labbra si piegarono in un sorriso forzato e tirato, che fece quasi storcere il naso a Lio.

«Hai intenzione di attraversare mezza Promepolis emettendo questo odore?», gli chiese piccato.

«Non posso restare qui, Lio. Sono... inutile in questo stato. E non voglio rischiare che le cose si rovinino con la squadra».

Poteva comprenderlo, ma Lio non poté fare a meno di trovare impossibile l'idea di lasciarlo andare da solo fino al suo appartamento. Galo era ingenuo e non si era mai reso conto degli sguardi che gli altri erano soliti lanciargli. Non importava che fossero Alfa, Beta o addirittura Omega, Galo era in grado di attrarre tutti come una calamita. Lui stesso si era lasciato catturare e trascinare dalla sua personalità.

«Non posso lasciarti andare da solo in ogni caso», rispose, stringendo le labbra nel tentativo di darsi un contegno. Non aveva mai lasciato che fosse il suo secondo genere a comandarlo, e non sarebbe stata quella la prima volta.

«Sono grande e grosso, Lio», rise Galo, «so cavarmela. E non è ancora iniziato... beh, il peggio».

«Insisto», ribatté, «sai benissimo che non accetterò un no come risposta. Hai detto anche tu che prendevi dei soppressori, quindi non sai esattamente quando arriverà il peggio. E se ti trovassi troppo lontano dal tuo appartamento? E non dirmi che ti sai difendere, questo lo so benissimo, ma non potresti fare niente contro un alfa».

«Anche tu sei un alfa», gli fece presente Galo.

Lio sentí le guance più calde, e fece appello a tutto il suo controllo prima di poter rispondere… come se fino a qualche minuto prima non avesse desiderato di prendere e di fare suo il possessore di quell'odore.

«Io mi so controllare e sei...»

«Sono?», lo incalzó Galo costringendo Lio a distogliere lo sguardo, imbarazzato.

«Sei mio amico, okay?»

Il sorriso di Galo si fece più grande e anche dolce, come se quell'unica frase fosse per lui la cosa più importante.

«Siamo migliori amici», lo corresse per poi farsi un poco più serio, «mi fido di te Lio, e so che non faresti niente contro la mia volontà… quindi… accetto il tuo aiuto».

«Non ti farò niente… questo mi pare ovvio», borbottó Lio nervoso, «ora mettiti la giacca addosso. Tirati su il colletto più che puoi. Dovrebbe bloccare un po' l'odore», ordinò, andando verso l'uscita degli spogliatoi. Li lasciò rapidamente, trovando in quella lontananza dei nuovi sentimenti contrastanti.

Da una parte sentiva il sollievo per non essere più così vicino all'oggetto dei suoi desideri, ma dall'altra avvertiva il bisogno di rimanere accanto a Galo. Per sempre.

Mordendosi le labbra, corse verso la sala comune, nella quale trovò Aina intenta a leggere un fumetto. La chiamò, attirando lo sguardo su di sé.

«Sto portando Galo a casa», esordì, anticipando la domanda che sarebbe giunta poco dopo con un: «Sta entrando in calore».

La ragazza, che era una beta, scattò in piedi.

«Come? Ma non stava prendendo i soppressori?!», chiese tanto nervosa quanto sorpresa.

"Tutti lo sapevano tranne me…", pensó distrattamente Lio, allontanando quel pensiero per riprendere a parlare.

«Quell'idiota si è dimenticato di riprenderli», spiegò.

«Sei sicuro di poterlo portare a casa?», chiese Aina, mostrandosi preoccupata. Lio annuì serio.

«Non mi lascio trasportare dagli istinti e non posso di certo permettere che qualcuno allunghi le mani su di lui», ribatté con un pizzico di nervosismo nella voce.

«Vi accompagno?»

«Non voglio lasciare la caserma sguarnita», rispose scuotendo il capo. Il resto della squadra era fuori per un intervento di basso profilo, non potevano lasciare il lavoro in quel modo, «mi assicurerò che vada tutto bene. Tu... avvisa Ignis, okay?»

La preoccupazione era sempre più chiara negli occhi di Aina, ma questa annuì ugualmente. Erano entrambi consapevoli di non poter lasciare Galo da solo e anche se Aina sarebbe stata la scelta migliore per accompagnarlo, era anche vero che essendo una beta non poteva fare granché contro un alfa eccitato dall'odore di un omega un calore.

Si scambiarono un altro breve sguardo per poi separarsi. Lio tornò negli spogliatoi, dove trovò Galo con addosso sua la giacca della Burning Rescue, ma con un'espressione nervosa e le braccia strette attorno al suo stesso corpo, come se stesse cercando di trattenere qualcosa dentro di sé.

«Stai bene?», domandò incerto, trattenendo il respiro. L'odore di Galo era sempre più forte ed era difficile contrastarlo e non pensare a quanto sarebbe stato eccitante averlo tutto attorno al suo corpo.

«Sì... solo che ci sono delle ondate più forti», rispose l'altro ragazzo.

«Ho avvisato Aina... possiamo andare», lo informò, cercando di tagliare corto e di non far pesare troppo la situazione a Galo. Doveva essere complicato per lui e di certo Lio non voleva metterlo ulteriormente a disagio.

Lasciarono entrambi gli spogliatoi, andando nella rimessa dei mezzi dove la moto di Galo stava solitaria in mezzo alle altre vetture. Quello, notò Lio, sarebbe stato un problema.

Ciononostante gli venne spontaneo bloccare Galo quando questo cercò di salirvi sopra per prendere il posto di guida.

«Non credo proprio. Guido io», si impose, «Se ti venisse un'ondata di calore mentre sei alla guida?»

«Non succederà!», esclamò Galo, con un broncio che Lio sentì di poter definire adorabile. Ma forse, cercò di convincersi, quella doveva essere solamente una causa dell'odore che si stava facendo sempre più forte.

«Non importa», ribatté, riprendendo a parlare poi con tono più fermo quando Galo tentò ancora di riaprire bocca: «Galo. Guido io»

Non voleva usare la sua 'voce da alfa' ma gli era venuto spontaneo, forse proprio per via del suo secondo genere che si stava rendendo sempre più conto di quello dell'altro ragazzo.

«... d'accordo», mormorò Galo a labbra strette.

«Mi… mi dispiace», riprese subito Lio, «non volevo».

«Lo so ma... odio quella voce», spiegò. In un attimo tutta la luce sembrava essere sparita dai suoi occhi e Lio si chiese se l'altro avesse mai avuto delle esperienze negative con gli altri alfa.

La risposta, forse più per istinto che per altro, gli arrivò subito sotto forma di un nome: Kray.

Quell'uomo era chiaramente un alfa e Lio poteva solo immaginare in quali modi si fosse imposto con la sua voce su Galo. Forse in passato Galo aveva considerato quelle azioni come un gesto d'affetto, ma alla luce di quello che era accaduto qualche settimana prima, probabilmente aveva aperto gli occhi anche su quelle cose.

«Dai. Se guido io arriveremo prima. lo sai bene», riprese, cercando di dare alla sua voce un tono più allegro per distrarre Galo

Questo gli rivolse un sorriso piccolo ma grato.

«Va bene, ma cerca di non farci schiantare da qualche parte», lo stuzzicó concedendogli le chiavi.

«Sono un pilota migliore di te».

«Ah! Certo. Con una moto burnish. ma questa è una moto vera».

Alzò gli occhi al cielo e si sedette in sella, sbattendo poi la mano sullo spazio alle sue spalle.

«Sali sí o no?»

«Salgo salgo».

Il calore del corpo di Galo e il suo profumo lo avvolsero subito, costringendolo a stringere con forza le mani sui manubri. Doveva mantenere il controllo.

Non importava quanto Galo fosse attraente e irresistibile con quell'odore. Doveva resistere.

Galo era il suo migliore amico, era diventato importante tanto quanto Gueira e Meis se non di più. E non voleva rovinare il loro rapporto pensando come un alfa e non come una persona dotata di cervello.

Accese la moto e con quei pensieri fissi in testa, partì alla volta dell'appartamento dell'altro.

Quelli furono onestamente i cinque minuti più lunghi di tutta la sua esistenza.

Le braccia di Galo attorno alla sua vita, l'ampio petto contro la sua schiena. L'odore. Tutto. Era una tortura e il suo corpo, per quanto volesse negarlo e trattenerlo, aveva iniziato a reagire.

La sua erezione pulsava dolorosa costretta nei pantaloni e difficilmente sarebbe riuscito a nasconderla, sperava solo nell'ingenuità di Galo e nel bisogno di restare chiuso all'interno dell'appartamento.

Parcheggiò la moto all'esterno del palazzo e una volta all'interno dello stabile impose a Galo di prendere l'ascensore mentre lui, balzando rapido sulle scale, si soffermò ad ogni piano fino al quinto per evitare che qualcuno scegliesse di prenderlo nello stesso momento del suo compagno.

Una volta al piano dell'appartamento di Galo, Lio si sentiva ormai al limite. Ansimava sia per la corsa sulle scale che per l'odore sempre più forte di Galo, ma la sua testardaggine gli impediva di arrendersi. Non era solo il suo essere cocciuto, ma anche l'affetto reale che sapeva di provare per Galo… non voleva rovinare tutto.

L'apertura delle porte metalliche dell'ascensore mostró a Lio un'espressione dolorante nel viso di Galo. Si era accasciato contro la parete ed aveva aperto la giacca della Burning Rescue per via del calore sempre più forte.

«L-lio», gemette piano, «fa male…».

Lio dovette mordersi quasi con forza le labbra per non reagire a quella vista tanto invitante e sensuale. Galo non lo avrebbe potuto respingere a quel punto, si sarebbe lasciato fare di tutto… e quella realizzazione era terribile.

Se fosse arrivato un alfa qualsiasi, Galo sarebbe stato vulnerabile… Lio stesso era un pericolo per l'altro ragazzo.

«A-andiamo», balbettó nervoso, aggrappandosi al dolore delle sue labbra torturare dai denti.

Galo faticava a restare in piedi e Lio fu costretto a sorreggerlo sul pianerottolo mentre lo faceva entrare nell'appartamento.

"Devo resistere. Devo resistere", si ripeté senza fine Lio, passo dopo passo, cercando di ignorare i desideri e tutti quei pensieri osceni che lo avrebbero reso pericoloso per Galo.

Lo voleva, ma non in quel modo. Voleva che Galo fosse nel pieno delle sue facoltà mentali e non animato da quel calore così fuori luogo.

Ma era difficile trattenersi, perché il suo compagno sembrava soffrire per davvero e Lio sentiva il bisogno di confortarlo.

Lo portò fino alla camera da letto, lasciandolo cadere sul letto quasi di peso.

«T-ti preparo… dell'acqua perché devi… r-restare idratato», spiegò, tentando sin da subito di mettere un po' di distanza tra sé e il corpo dell'altro.

Galo gemette dolorante, chiudendosi in posizione fetale.

«Male...», si lamentò a denti stretti, ansimando rumorosamente.

Lio si diede rapidamente alla fuga, fondandosi in cucina per prendere sia l'acqua che per infilare la testa sotto il getto ghiacciato del lavandino, sperando che quella sorta di shock termico lo aiutasse a controllarsi.

Poteva farcela, anzi: doveva farcela. Avrebbe portato l'acqua a Galo e lo avrebbe lasciato lì. Doveva essere una cosa semplice che non avrebbe messo a repentaglio la loro amicizia e quel rapporto che per Lio era più importante di ogni altra cosa.

Tremante, ma con quel bisogno ben stampato in mente, tornó sui suoi passi pronto ad affrontare ancora quell'odore tanto dolce e ammaliante.

La scena che lo accolse mise a dura prova il suo autocontrollo, Galo infatti aveva lanciato verso la porta la sua giacca e si era aperto i pantaloni per dare sollievo alla sua erezione, ma più di tutto… stava continuando a gemere il nome di Lio, come se solo quello fosse in grado di donargli un po' di conforto.

Lio fu costretto a trattenere il respiro, ma fece ugualmente qualche passo all'interno della camera.

«La-lascio qui l'acqua», mormorò, «io… devo andare».

«N-no».

La lamentela di Galo lo colpì come uno schiaffo.

«Non posso… non sei in te… io non sono in me», spiegò, incapace di dare alla sua voce un tono sicuro.

L'altro emise un altro gemito lamentoso per quel rifiuto.

«Ma ne ho bisogno», pigoló, «n-non di un alfa… ma di te».

Lio fece un passo indietro, cercando di mettere distanza tra lui e Galo.

«Non sei in te», gracchió.

«Con te vicino… fa meno male», spiegò, come se fosse la cosa più importante e che mise Lio in una posizione scomoda.

Era una dichiarazione o era un desiderio dettato dal calore?

Lio voleva per davvero che fosse una dichiarazione, che Galo lo desiderasse per davvero e non per quello che il secondo genere lo portava a volere in quei momenti.

Cosa doveva fare?

«Galo...», gemette a sua volta, disperato, «quando sarà tutto finito… ne riparleremo».

Era stato difficile pronunciare quelle parole e lo fu ancora di più togliersi la giacca per lanciarla sopra Galo, nella speranza che il suo odore potesse dargli per davvero quel conforto del quale aveva bisogno.

Corse letteralmente fuori dalla stanza, sbattendo la porta alle sue spalle ed appoggiandovisi poi contro per non farla più riaprire.

Sentiva il cuore battergli forte in petto, pronto a esplodere. Neanche quella sorta di barriera, creata dalla porta, riuscì a dargli una sorta di sollievo… perché alle sue spalle c'era ancora Galo. Lo stesso Galo che stava sicuramente utilizzando la sua giacca - il suo odore da alfa - per trovare un po' di conforto da quel dolore.

Si era cacciato in un vero e proprio guaio, e non sapeva come sarebbe riuscito a guardare di nuovo in faccia il suo compagno dopo quel momento.

Avrebbero per davvero affrontato quella discussione? O sarebbero stati entrambi troppo imbarazzati per riuscire a farlo?

Lio non lo sapeva e, in quell'istante, non era certo di volerlo sapere… non mentre i gemiti di Galo iniziavano a riempire l'aria già ardente di quell'appartamento.

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Fandom: Touken Ranbu

Personaggi: Original Characters

Rating: SAFE

Parole: 1750

Prompt: Prepararsi al viaggio

Note:

  1. Idee casuali che mi vengono mentre gioco a TouRabu Pocket


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Fandom: Ensemble Stars

Personaggi: Rinne Amagi, Niki Shiina

Rating: SAFE

Parole: 635

Prompt: Un altro giro della spirale

Note:

  1. Non sono certa dei loro caratteri ma mi piacciono un sacco insieme XD


Il loro live era appena finito e, tra gli applausi e le richieste di un terzo bis, i Crazy:B rientrarono nel backstage. Erano stanchi e sudati, ma dalle loro risate era anche palese la loro esaltazione e soddisfazione.

Erano stati grandiosi e le reazioni del pubblico ne erano la prova più palese e piacevole.

Niki Shiina stesso, nonostante il leggero languorino che stava iniziando a chiudergli lo stomaco, si sentiva felice per la riuscita del live della unit. Come sempre l'emozione che provava nel calcare il palco era intesa e stupenda, ed era tutto talmente bello e perfetto che per un momento riuscì addirittura a convincersi che niente potesse rovinargli l'umore... ma come sempre Rinne Amagi doveva metterci il suo zampino.

Al leader dei Crazy:B piaceva testare la sua fortuna, gli piaceva osare... e più di ogni altra cosa adorava Niki, e quest'ultimo ne era consapevole.

Sapeva di doversi aspettare qualche azione da parte di Rinne ma, scioccamente, aveva pensato di potersi 'salvare', che per una volta il suo compagno non avesse intenzione di fare chissà cosa.

Ma come una roulette, il risultato era incerto. La spirale delle possibilità girava e girava, e con Rinne non si poteva mai sapere il risultato… anche se in quel caso non era di certo inaspettato.

Infatti non si sentí sorpreso quando la mano di Rinne lo bloccò, impedendogli di seguire il resto della unit negli spogliatoi. Emise un verso sorpreso che mutò in un borbottio contrariato quando si ritrovò con le spalle contro il muro.

Alla fine la spirale - quella pazza roulette - aveva scelto dove fermarsi e non gli sarebbe piaciuto.

«Rinne», sibiló cercando di non attirare l'attenzione dello staff al lavoro in quel luogo.

L'altro ragazzo non rispose ma si limitò a sorridere malizioso prima di avventarsi letteralmente sul suo collo.

Nikki sobbalzò portando subito alla bocca la mano per placare il gemito che quel contatto così intimo, ma non inaspettato, gli causò.

La lingua di Rinne scivolò lenta sul collo, salendo poi fino all'orecchio. Lì, le labbra si strinsero sul lobo morbido, tirandolo leggermente con i denti, per poi spostarsi ancora sulla corona, sfiorandola con calma.

Con la mano ancora premuta sulla bocca, Niki cercava disperatamente di trattenere i suoi sospiri ma questi sfuggivano ugualmente al suo controllo. Non voleva dare quella soddisfazione a Rinne, voleva mantenere le distanze e dimostrare di non essere assolutamente attratto da lui né provare qualcosa per quelle attenzioni, ma sfortunatamente il suo corpo lo stava tradendo - complici anche le abilità di Rinne.

Non stava facendo niente di eclatante se non torturargli il collo e l'orecchio destro, tenendo le mani ferme e salde sui suoi fianchi, come per impedirgli di scappare. Tuttavia non erano impositive, non lo stavano realmente privando di una via di fuga... erano lì e basta, e per Niki erano sia una prigione che l'unico appoggio che gli impediva di scivolare lungo il muro, contro il quale Rinne lo aveva bloccato.

Forse si sarebbe dovuto dimostrare più deciso nel rifiutarlo qualche istante prima. Forse doveva proprio risalire a monte e dire a Rinne che non era innamorato di lui, che quei sentimenti non erano ricambiati. Però qualcosa lo bloccava sempre, a partire dalla genuinità dell'altro ragazzo a quel sincero interesse nei suoi confronti.

Niki difficilmente lo avrebbe ammesso apertamente, ma un po' quelle attenzioni - l'essere desiderato in quel modo così genuino e intenso - gli facevano piacere, e non escludeva che fosse anche quello il motivo dei suoi rifiuti così flebili.

Infatti quando Rinne si allontanò, dopo avergli lasciato un doloroso succhiotto - che avrebbe dovuto nascondere sotto chili di fondotinta in vista del prossimo live -, Niki non fu in grado rispondere, né affermativamente né in modo negativo al: «Ti amo Niki~», che Rinne cantilenó dopo avergli baciato la guancia con fare giocoso.


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